martedì 20 dicembre 2011

ANTONIO DE SANTIS, UN MOLISANO PIONIERE DELLA MUSICA ELETTRONICA IN ITALIA



«La musica elettronica presuppone l’esistenza di uno stretto legame tra i dominii dell’Arte e quelli della Scienza. Generalmente si continua a pensare i due campi, quello dell’Arte e quello della Scienza, come nettamente separati da una barriera d’indiscutibile incompatibilità e si considera l’ipotesi di un’eventuale unione tra le due realtà come qualcosa di innaturale, di disgustante: un inedito troppo ardito e moderno. Mai si pensi, insomma, all’eventualità di un connubio tra le figlie di Charlie Parker ed i … maschi dell’Einstein! Invero, tale connubio è quanto di più antico si possa immaginare, più antico della stessa tradizione che si vuole risalga a Pitagora ed ai pitagorici…»
Antonio De Santis intervistato da Paolo Tortiglione sul trimestrale Auditorium, 1990



La vita e le opere di Antonio De Santis rappresentano il classico esempio di nemo propheta in patria che caratterizza spesso il Molise, regione giovane ma minoritaria per antonomasia, ancora alla ricerca delle sue migliori radici e di storie di uomini che possano completare quel percorso identitario di cui spesso ci siamo interessati nella mission editoriale de Il Bene Comune. La scoperta o meglio, la divulgazione del pensiero artistico di Antonio De Santis, dunque, può contribuire a riscrivere ulteriormente la storia recente della regione, donandole un ulteriore e inaspettato elemento di dinamismo in campo culturale e nella ricerca scientifica, oltre a fornire con urgenza il giusto riconoscimento al suo grande genio scomparso il 18 novembre del 2010 a Sava Baronissi, nei pressi di Salerno. Considerato dal mondo accademico e dalla critica il pioniere della musica elettronica in Italia, Antonio De Santis nasce il 1 febbraio del 1936 a Campobasso, dove iniziò giovanissimo lo studio della musica, prima di trasferirsi a Napoli, per proseguire gli studi a San Pietro a Majella sotto la guida di Antonio Cece e Aladino De Martino, dove nel 1965 diventa docente di teoria e solfeggio. La sua attività compositiva nell’ambito della musica elettronica ha assistito e contribuito alla nascita della stessa disciplina: agli inizi degli anni ’60 aveva già realizzato in proprio un prototipo di filtro avanzatissimo per quei tempi. Nel campo della ricerca, grazie anche alla collaborazione con la Facoltà di Fisica dell’Università di Napoli, De Santis collaborò con il fisico Giuseppe Di Giugno, con il quale ha fondato il gruppo di elettroacustica presso il Dipartimento di Fisica Sperimentale dell'Università di Napoli confrontandosi per due volte a Parigi, ospiti di Pierre Boulez all’Ircam (Institut de Recherche et de Coordination Acoustique/Musique). Proprio in quel frangente, secondo quando riporta un’intervista rilasciata al trimestrale Auditorium nel 1990, De Santis prendendo atto delle ormai “famose” macchine che l’Istituto di ricerca francese stava progettando, decise di staccarsi completamente dalla linea delle “macchine giganti” di cui l’Ircam si vantava, dedicandosi quindi a ricerche che andavano in direzione diametralmente opposta: la realizzazione del suo progetto denominato “Gnomo”, a cui dedicò anni di studio esclusivo, inventando macchine, elaboratori, computer oggi arcaici, dando le ali a un suono non convenzionale. “In realtà – racconta Filippo D’Eliso, musicista, compositore e amico di De Santis - mi raccontò che per lui Parigi era stata una bella vacanza. Non combinò niente fino alla fine, solo l’ultimo giorno mise su una composizione che venne lungamente applaudita ed apprezzata.” Nel 1982 alla Biennale di Venezia partecipa come relatore con un lavoro dal titolo "Un microprocessore per la sintesi di frequenze". Scrive Pino Finizio, docente di teoria e solfeggio presso il Conservatorio “Domenico Cimarosa” di Avellino, in un ricordo appassionato pubblicato in occasione di un concerto dedicato ad Antonio De Santis il 4 giugno scorso, promosso dal Dipartimento di Nuove Tecnologie e Linguaggi Musicali: “A Napoli negli anni 70 spesso salivo a Capo Posillipo e andavo a casa di Antonio De Santis. Il portoncino di entrata si apriva su un piccolo ingresso cui era presente una rampa di scala che portava all’appartamento di Antonio. In realtà “l’appartamento” consisteva in un’unica stanza che fungeva da camera da pranzo, letto, cucina e studio, mentre al bagno si accedeva tramite una porticina in fondo alla stanza. La camera era arredata da pochi suppellettili: un tavolo e alcune sedie, poi il letto e una serie di librerie tutte piene di libri, mentre in altre zone della stanza erano presenti apparecchiature elettroniche di varia natura compreso nudi circuiti elettronici con il loro intreccio di fili e componenti. In quelle lunghe giornate di incontri/lezione parlavamo certo di musica ma anche di donne, di politica, di cultura; molti di noi per suo merito hanno conosciuto autori come Henry Miller, Jack Kerouac, Allen Ginsberg, hanno ascoltato per la prima volta la musica di Varese, Stockhausen, Luigi Nono ma anche la rivisitazione delle opere di Mozart, Beethoven, Brahms; non vi erano limiti o obblighi, tutto si poteva ascoltare, vedere, assaporare, non vi erano quinte o ottave proibite c’era solo la voglia di guardare il mondo senza troppa miopia.” Quella di Finizio è una delle tante testimonianze raccolte sin dalla morte di De Santis: parole dalle quali si materializza con forza lo spirito di un genio semplice, innamorato della cultura americana degli anni ’60 come della scuola napoletana. “Con il morphing, interagendo con musica e immagini – rivela ancora Tommaso D’Eliso - si divertiva a proiettare il volto di Marylin Monroe trasfigurandolo; era una sua icona fissa. Con la scuola napoletana aveva un rapporto di grande amore piuttosto controverso, lui come me (io vengo dalla Basilicata), sentiva di essere un oriundo e proprio per questo poteva permettersi qualsiasi trasgressione, poteva guardare quel mondo secondo ottiche differenti”. Al fianco di Luciano Cilio e di pochi altri ha supportato e sviluppato l'idea di una musica/frontiera, alla ricerca di una musica basata su un sistema formale improntato al rigore del metodo scientifico. “Così come la lirica nel passato – affermava su Rai International Filomena De Santis, Docente di Informatica Università di Salerno e sorella di Antonio De Santis - ha sintetizzato forme e linguaggi diversi quali strumenti di espressione dell’essere umano, Antonio De Santis è stato pioniere nell’uso di strumenti multimediali in Italia e in Europa quali forme di espressione dell’intelligenza umana.” Antonio De Santis dunque è stato uno dei padri della composizione automatica e della musica elettronica. Ha all'attivo collaborazioni con i più prestigiosi istituti del mondo e con i più illustri scienziati e musicisti, tra cui Max Mathews, colui che negli anni '50, per primo pensò di utilizzare il calcolatore per creare dei suoni.
La curiosità e la voglia di ricordare ancora Antonio De Santis è ancora molto forte. Il 22 gennaio scorso nel Teatro Verdi di Salerno uno straordinario ensemble formato da Francesco Di Giacomo (voce del Banco di Mutuo Soccorso), da Mario Fasciano (musicista che vanta collaborazioni internazionali con Rick Wakeman, Keath Emerson, Deep Purple), da Salvatore Esposito (mandolinista dell’orchestra di Renzo Arbore), e dai Museca, gruppo famoso come recupero della tradizione musicale partenopea, in una fusione di colori e suoni che si è avvalsa della partecipazione di Filippo D’Eliso, musicista eclettico e compositore dalle sonorità ricercate, ha omaggiato la memoria del compositore campobassano, pioniere della Computer Music e quella del matematico Vittorio Cafagna, docente presso il Dipartimento di Matematica ed Informatica dell’Università di Salerno, fondatore del laboratorio di ricerca Musica Inaudita, scomparso a Parigi il 5 gennaio 2007.

Il Gruppo AC.EL.
La storia del gruppo di Elettroacustica del Dipartimento di Scienze Fisiche dell’ Università di Napoli ha inizio intorno al 75/76, e la premessa dell’ attività nell’ ambito della Computer Music di questro centro di ricerca è indubbiamente legata al nome del Prof. Giuseppe Di Giugno, affiancato dal M° Antonio De Santis. Grazie al lavoro del Prof. Di Giugno, viene realizzato il capostipite di tutta una serie di sistemi per la sintesi del suono in tempo reale, chiamata 4A. Nel ‘77 il Prof. Di Giugno si trasferisce all’ IRCAM di Parigi, ove vige una situazione caratterizzata da consistenti finanziamenti ed una più ampia apertura culturale relativamente a queste tematiche di ricerca. Nonostante tutto, l’ attività del gruppo AC. EL., sia pure attraverso mille difficoltà, prosegue con il conseguimento di significativi risultati: proprio in questo periodo viene realizzato un sistema per la sintesi del suono in tempo reale con 64 oscillatori e 4 canali di uscita, che utilizza come host computer un vecchio calcolatore Digital PDP 15. Con questo sistema il M° Fausto Razzi realizza nel ‘78 una composizione che viene presentata alle "Giornate di Musica Contemporanea" di Cagliari e successivamente in Canada durante una rassegna internazionale di Computer Music. Nel 1980 l’organico del gruppo si allarga di una presenza accademica avrebbe consentito, negli anni a venire, lo sviluppo sia di alcune tematiche relative alla elaborazione dei segnali digitali (non più unicamente limitate alla sola acustica musicale), sia di numerosi aspetti didattici rivolti all’ hardware, il software e lo studio di algoritmi relativi al Digital Signal Processing (DSP).
IRCAM (Institut de Recherche et de Coordination Acoustique/Musique)
Istituzione creata negli anni 1970 a Parigi, nell’ambito del Centre Pompidou, con lo scopo di aprire uno spazio per la ricerca scientifica e la produzione musicale, in stretta relazione tra loro, su mezzi informatici ed elettronici. Tra le prime realizzazioni fu il sistema 4A, sotto la direzione del fisico italiano G. Di Giugno. Fin dal 1974 l’Istituto è stato diretto dal suo fondatore P. Boulez, cui sono successi L. Bayle nel 1992, B. Stiegler nel 2002 e F. Madlener nel 2006. Alle attività originarie di ricerca scientifica e musicale, sostegno ai giovani compositori, attività editoriale, si sono aggiunte, tra le altre, una mediateca (1996) e un dipartimento per la creazione coreografica (1999).

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