lunedì 26 ottobre 2009

Benvenuta soul sister: Nina Zilli il 26 dicembre al Move

Nina Zilli è la nuova promessa su cui Universal ha deciso di puntare. Un talento puro, cristallino che con grande maestria riporta in auge la musica degli anni ‘60 con un suo stile unico e accattivante. Nina Zilli esce con un ep dal titolo omonimo contenente 6 brani, a cui ha aggiunto una cover storica ("You Can’t Hurry Love" delle Supremes, nella versione italiana – “L’amore verrà”) 50 mila il singolo di lancio, con Giuliano Palma è già una hit radiofonica dopo solo una settimana di programmazione.
Sono nata la notte e penso sia per questo che mi addormento quando gli altri si svegliano.
Sono bilingue inglese perché ho passato parte della mia infanzia in Irlanda. Una volta finite le superiori mi sono trasferita per 2 anni negli States, prima a Chicago e poi a New York.
Sono laureata, ma non esercito la professione per cui ho studiato.
Sono una pianista, al momento con un braccio rotto. Suono la chitarra e scrivo canzoni che poi arrangio come più mi piace. Ho studiato canto lirico in conservatorio, da soprano. L’opera non era molto nelle mie corde e quando mi chiesero di vestirmi da novizia per il saggio finale, decisi che forse era meglio smettere. Preferivo nettamente il rock’n’roll.
Ho iniziato ad esibirmi live a 13 anni, con un gruppo di rockettari della mia scuola, già ottimi musicisti.
Ho sempre ascoltato un sacco di musica, grazie ai miei amici maschi (questo glielo devo). Partendo dal punk, dal metal e dal rock anni 70, piano piano sono arrivata alla mia musica perfetta: quella degli anni 50’ e 60’. Americana (il primo soul della motown, l’r’n’b della stax, il surf, il rock’n’roll…), inglese (sia i Beatles che gli Stones, non ho mai capito perché si debba scegliere. Lo ska degli Specials, dei Selecter, dei Madness e compagnia bella. E i Clash. Rock’n’Roll all’anima di Joe Strummer.) jamaicana (rocksteady, ska original, reggae) e italiana (il beat magistralmente orchestrato da Morricone) dal rock’n’roll bianco di Celentano a Caterina Valente.
Ancora poppante, nel 1997 fondai i “The jerks” un gruppo garage beat con cui ho girato tutti i festival e i locali da beattaroli italiani per un paio d’anni. Memorabile intro orgasmico sul pezzo dei Tornadoes, “Bustin’ Surfboard”. Il pubblico era sempre in anticipo.
Ai “The Jerks” seguirono nel 2000 “Chiara&Gliscuri”, il nome del gruppo si rifà agli anni 60 italiani di Rita La Zanzara, ma rispetto a prima, le sonorità si spostano verso la Jamaica. Il rocksteady di Alton Ellis, Delroy Wilson e Phyllis Dillon sono stati i punti di riferimento più importanti.
Con Chiara&Gliscuri, nel 2001, è arrivato anche il primo contratto discografico, per Columbia, Sony Music. Nel frattempo ero già stata vj ad Mtv e co-conduttrice (e autrice di tutti i miei interventi e delle interviste) dell’ultima edizione del Roxy Bar di Red Ronnie, in onda su TMC2. La tv però, con tutto il divertimento e le esperienze che mi ha regalato, non era cosa per me. Ho sempre voluto cantare. Non volevo passare per la presentatrice che si regala il vezzo di provarci anche da cantante.
Dopo l’uscita del singolo “Tutti al mare” (maggio 2001) e numerosi concerti (quell’estate fummo supporter ai Meganoidi, durante il loro tour “Supereroi”), ho cantato davanti a Pippo a Roma, per le selezione di San Remo giovani, arrivando tra gli ultimi 20 ma non sul palco dell’Ariston. Ero comunque pronta ad affrontare il primo disco. Il momento era sbagliato purtoppo. Al cambio della direzione artistica di una major è seguito anche un cambio nella direzione artistica del mio album. Ho detto no. Troppo lontano da me. È comunque uscito un singolo, quasi senza che io lo sapessi, parolato da Morgan e di cui non ricordo neanche il titolo. O meglio, non voglio ricordare.
Soul, rocksteady/reggae e beat sono da sempre i miei amori più grandi ed è per questo che negli anni ho continuato a collaborare con band legate a questi generi, ultimi tra tutti gli Africa Unite, per i quali ho cantato “Bomboclaat Crazy” nell’ultimo disco “4 riddim 4 unity” e i Franziska, nei dischi e nei concerti in giro per Italia ed Europa.

Oggi scrivo quello che canto. E mi chiamo Nina Zilli.

giovedì 22 ottobre 2009

Le anticipazioni dei prossimi concerti in Molise


Ancora qualche anticipazione per la musica live in Molise. Segnalo il concerto di Buddy Whittington, gigantesco e inconfondibile chitarrista e cantante texano, celebre per la sua militanza nei Bluesbreakers di John Mayall, che presenta il suo primo album solista intitolato semplicemente “Buddy Whittington”. Il concerto si terrà il 15 novembre al Teatro Risorgimento di Larino (CB).
Torna per l’ennesimo live nel Molise anche Giuliano Palma con i suoi Bluebeaters: la data prestabilita è il 7 dicembre e probabilmente salirà sullo storico palco del Blue Note a Campobasso.
Tra le iniziative natalizie è invece ormai fatta per Marracash: il rapper milanese si esibirà il 23 dicembre a Vinchiaturo (CB) presso il complesso turistico delle Cupolette.

mercoledì 14 ottobre 2009

Rassegna stampa


Liberta’ di stampa in salsa molisana: soldi solo ai giornali amici
da www.primonumero.it

La Regione stanzia 300mila euro di aiuti (soldi pubblici) alla carta stampata in nome del pluralismo dell’informazione. Ma la legge che regola la distribuzione dei soldi favorisce soltanto gli organi di stampa fedeli alla linea del Governatore Iorio. Un premio che allo stesso tempo lega anche per il futuro buona parte dei giornali locali alla volontà del potere politico.
In tempi in cui tanto si parla, in Italia, di libertà di stampa, la Regione Molise è riuscita a dare un fulgido esempio di come il potere costituito nel nostro Paese interpreti il concetto di libertà di stampa e di pluralismo dell’informazione. Ovvero: favori e soldi ai giornali amici, a tutti gli altri niente. Favori – è il caso di sottolinearlo – elargiti con i soldi dei cittadini e finalizzati a creare un circuito propagandistico dai contorni nitidi: “io ti do del denaro perché tu possa sopravvivere, tu in cambio devi parlare bene di me”.
Questa strampalata interpretazione del concetto di “libertà di informazione” è inequivocabilmente sintetizzata nella legge n. 76 approvata lunedì 12 ottobre dal Consiglio Regionale del Molise. Una legge che ha avuto un parto faticoso e travagliato ma che alla fine ha raggiunto lo scopo prefissato: prendere 300 mila euro dalle tasche dei contribuenti e regalarli a quegli organi di informazione disposti a rendere ancora più accentuata la loro opera di fiancheggiamento al Governatore del Molise e ai suoi assessori, indipendentemente dal fatto che quegli stessi organi di informazione siano in regola o meno con la normativa sui contratti di lavoro e gli obblighi previdenziali spettanti alle aziende editoriali. La Legge (secondo alcuni a forte rischio di incostituzionalità) si chiama così: “Misure urgenti a sostegno degli editori molisani operanti nel settore della carta stampata”.
Una legge che ha un iter particolare, la cui ricostruzione tuttavia aiuta a capirne il significato e lo scopo. La proposta di Legge n. 76 viene partorita negli ultimi mesi del 2007, un periodo particolare per la stampa molisana, segnato dalla grande diffusione di internet e quindi dei siti di informazione locale online. I giornali telematici, avendo costi di gran lunga inferiori alla carta e forse anche giornalisti più motivati nel difendere la propria autonomia, possono finalmente sperimentare la “libertà” dell’informazione rispetto al potere politico. Dopo molti anni di silenzi compiacenti e censure servili, molte notizie poco edificanti per gli amministratori (a qualunque colore appartengano) escono dalla clandestinità delle discussioni da bar e spesso trovano grande eco sugli organi di formazione nazionale: vedi le inchieste sull’utilizzo dei fondi per il terremoto, sulla cause del disastro sanitario, gli approfondimenti sulle indagini giudiziarie che coinvolgono importanti esponenti politici.
Ma in quello stesso periodo accade anche qualcos’altro: dopo anni e anni di incondizionato e servile appoggio a Michele Iorio, l’editore di “Nuovo Molise” (Giuseppe Ciarrapico, parlamentare del Pdl ma prima di tutto fascista dichiarato) per ragioni tutt’ora poco chiare decide di ingaggiare una guerra fratricida all’interno del centrodestra e di voltare le spalle al Governatore ordinando ai suoi giornalisti di attaccare – appena ce n’è occasione, ma talvolta anche quando l’occasione non c’è – il presidente della Giunta e tutti i suoi assessori più fedeli. Niente di così “eversivo”, a differenza di ciò che qualcuno vuol far credere, a meno che non si voglia pensare che il ruolo della stampa qui da noi debba essere quello di fare da megafono alle iniziative dei potenti o – nella “migliore” delle eventualità – di essere un semplice contenitore a disposizione delle diverse opinioni senza però poter mai entrare nel merito delle opinioni stesse.
Per Iorio – va detto - l’impossibilità di controllare l’informazione on-line, ma soprattutto quella specie di rivolta di “Nuovo Molise”- che con le sue duemila copie vendute è il giornale cartaceo più diffuso in regione - sono un brutto colpo, abituato com’è a ricevere nient’altro che consensi dalla carta stampata regionale e dalle tv locali che si producono in costanti esaltazioni della sua figura e in altrettanto costanti omissioni di notizie poco gradite a lui e al suo staff.
Per ovviare a una situazione del tutto inedita, il Governatore decide di affidarsi alla benevolenza degli altri quotidiani presenti in Regione in modo da controbilanciare le invettive di “Nuovo Molise”. Con un problema non da poco: gli altri quotidiani navigano in pessime acque, vendono poche centinaia di copie, hanno un impatto decisamente minore rispetto a quello del giornale di Ciarrapico, in taluni casi vivacchiano usufruendo del lavoro di collaboratori pagati in nero, spesso non pagati del tutto, e ridotti a trarre qualche boccata di ossigeno dalla pubblicità istituzionale (quella, per essere chiari, fatta da Enti Pubblici).
L’attenzione di Iorio si concentra, in particolare, su “Il Quotidiano del Molise”, nato sul finire degli anni 90 e inizialmente caratterizzato da una informazione equidistante dagli schieramenti politici. Ben presto però l’editore de “Il Quotidiano del Molise” deve fare i conti con una crisi del settore ulteriormente accentuata dal fatto che da noi i lettori di giornali di carta sono pochissimi, ben al di sotto della media nazionale. Del resto con mille copie vendute giornalmente – sì e no – su tutto il territorio regionale è difficile sopravvivere, specie se la curva delle vendite è in continua discesa anche a causa di una diffusione dell’informazione online sempre più massiccia (tanto per fare un esempio che ci riguarda e quindi conosciamo bene: Primonumero.it, sottoposto a un sistema di verifica dati affidata all’imparzialità di Google, ha una media di oltre 14 mila visite giornaliere) che rende spesso inutile – per chi si vuole informare - la lettura dei quotidiani venduti in edicola.
Inoltre, sempre in quel periodo, “Il Quotidiano del Molise” ha un’altra gatta da pelare: le sanzioni (centinaia di migliaia di euro) dell’Istituto Previdenziale dei Giornalisti (Inpgi) dovute al mancato pagamento dei contributi ai giornalisti del quotidiano e al loro mancato inquadramento professionale. Ovvio, quindi, che Iorio non può contare troppo su un giornale che naviga in cattive acque e che, anche per questo, fatica a tenere testa a “Nuovo Molise” ormai sempre più schierato aprioristicamente contro la Giunta regionale. Ed ecco allora l’idea di fare una legge ad hoc per provare a risollevare le sorti de “Il Quotidiano del Molise”.
Il primo testo di legge, partorito nel dicembre del 2007, è un capolavoro di ingegneria legislativa finalizzato a mettere soldi pubblici solo nelle casse de “Il Quotidiano del Molise”. Si usano argomenti pomposi e altisonanti quali “contribuire a promuovere e garantire il pluralismo e la libertà di informazione”; o ancora “favorire una diffusa e capillare conoscenza della realtà sociale e culturale del territorio regionale”; per giungere addirittura alla nobile intenzione di “stimolare la qualificazione e l’efficienza delle imprese regionali e locali dell’informazione”.
Dietro tanto sussiego poetico la realtà è molto più prosaica: i 9 articoli della legge prevedono di dare un “contributo urgente” ai quotidiani locali quantificato inizialmente in mezzo milione di euro. Ma attenzione: non a tutti i quotidiani locali. Sono esclusi quelli che hanno la sede legale fuori regione (per esempio “Il Tempo” che è un giornale di Roma e che dedica solo qualche pagina all’informazione molisana, e “Nuovo Molise” la cui sede legale è in Ciociaria), quelli che già ricevono altri contributi dallo Stato (ancora “Nuovo Molise” a cui ogni anno il Governo elargisce un paio di milioni di euro), quelli che hanno iniziato la loro attività negli ultimi cinque anni (“Primo Piano Molise” che ha appena tre anni di vita), e quelli che vengono distribuiti gratuitamente (“La Gazzetta del Molise”). Insomma, rimane sul campo un solo giornale: “Il Quotidiano del Molise”, l’unico ad avere i requisiti richiesti, l’unico quindi che potrà beneficiare di 400 mila euro visto che la legge stabilisce che l’80 per cento dei contributi previsti vada ai quotidiani e il rimanente 20 per cento (una foglia di fico) alla stampa periodica (settimanali, mensili, semestrali).
Il fatto curioso – uno dei tanti - è che nella legge non si fa alcun cenno al fatto che le aziende da finanziare debbano essere in regola con le norme dell’inquadramento professionale. Poco importa, insomma, se sono imprese che non pagano i contributi ai loro giornalisti, o se non hanno neppure un dipendente regolarmente assunto.
Altri fatti curiosi, comunque, inducono Iorio a un ripensamento quasi immediato. Perché, è sotto gli occhi di tutti, per fare una legge che favorisce uno solo la Regione rischia di scontentare tutti gli altri, compreso “Il Tempo” e “Primo Piano Molise”, due giornali che in realtà con Iorio sono da sempre molto accondiscendenti (“Il Tempo”) o comunque non ostili (“Primo Piano Molise”). Il pericolo, insomma, è che scegliendo di favorire un solo alleato se ne perdano per strada altri due.
Inoltre il testo originario della Legge prevede anche che i giornali in questione – per avere diritto al contributo – dimostrino di stampare quotidianamente almeno duemila copie. Una disattenzione dell’estensore del testo visto che in Molise, a parte il giornale di Ciarrapico, tutti gli altri fogli di informazione sono ben lontani da quel numero di copie stampate.
Così la legge viene congelata per qualche mese. Non è un tempo che passa invano. Infatti i giornali che aspirano alla “spartizione della torta” si avvicinano ancora di più – ammesso che sia possibile – alla linea politica dettata dalla Regione, si esibiscono in ripetute omissioni di notizie che riguardano – per esempio – i coinvolgimenti del Governatore o dei suoi assessori in complicate vicende giudiziarie, prendono apertamente posizione contro gli attacchi di “Nuovo Molise” alla Giunta.
Un atteggiamento che deve essere premiato. Infatti a fine del 2008 viene ripresentato un nuovo testo. Le inutili pomposità teoriche rimangono le stesse: vengono però modificati alcuni dettagli essenziali. Primo fra tutti: per accedere ai contributi non è più necessario stampare duemila copie al giorno, ma ne bastano mille (e sia “Il Quotidiano del Molise” che “Primo Piano Molise” viaggiano intorno a quella cifra), inoltre "l’anzianità di servizio" richiesta non è più di cinque anni, ma di tre anni soltanto (cosa che fa ufficialmente rientrare nella schiera dei beneficiari anche “Primo Piano Molise”).
I malumori, comunque, non si esauriscono lo stesso. “Il Tempo”ancora tagliato fuori continua a non voler fare – al pari di “Nuovo Molise” – la parte di Calimero. E anche l’editore del sedicente giornale satirico a diffusione gratuita (“La Gazzetta del Molise”) cerca in ogni modo di rientrare nel novero dei prediletti regalando ogni giorno parole di estatica ammirazione al Governatore.
Inoltre sia l’Ordine dei Giornalisti che l’Assostampa, il sindacato dei giornalisti, provano a dire la loro sostenendo che – se contributi all’editoria ci devono essere – essi non possono essere distribuiti così, un tanto al chilo, ma per lo meno finalizzati a favorire l’inquadramento professionale dei giornalisti nelle rispettive redazioni.
Non sono scogli facili da superare. Infatti passa quasi un altro anno di ripensamenti. Ma il tempo stringe, perché gli attacchi di “Nuovo Molise” alla Giunta Regionale si fanno sempre più veementi e violenti, e il “Quotidiano del Molise” si ritrova a navigare in acque sempre più agitate e pericolose, non in grado quindi di rintuzzare i colpi del foglio di Ciarrapico: gli stipendi arretrati si accumulano, e molti cronisti, compresi quelli ‘storici’, abbandonano la nave. Così si decide di dare un’accelerata all’iter della Legge anche se questo comporta una riduzione del tetto di spessa da 500 mila euro a 300 mila. Il tutto avviene con le tipiche modalità molisane.
Innanzitutto i rilievi dell’Ordine dei Giornalisti vengono accantonati con una promessa di quelle destinate a fare epoca (cioè a rimanere soltanto una promessa): Iorio assicura che dopo queste “misure urgenti” verrà fatta e approvata una nuova legge che regolerà tutto il settore, che i contributi saranno elargiti anche ad altri tipi di organi di stampa (compresi quelli online attraverso cui ormai passa la gran quantità dell’informazione locale) e che alle aziende verrà imposto di regolarizzare i propri dipendenti che oggi invece in molti casi continuano a lavorare in nero e senza alcuna garanzia.
Anche le perorazioni de “La Gazzetta del Molise” vengono respinte. O meglio, trovano un grande sponsor in un consigliere della maggioranza di centrodestra, ma alla fine pure Iorio capisce che dare soldi a un quotidiano gratuito registrato come “giornale satirico” sarebbe davvero troppo.
Rimane da accontentare “Il Tempo” anche se si tratta di un giornale che non ha nessuno dei requisiti richiesti. Ha sede in un’altra regione (il Lazio), beneficia di contributi statali, e non ha una diffusione giornaliera di mille copie in regione. Però, insomma, perché rischiare di trasformare un amico in un nemico?
E allora, ecco l’escamotage dell’ultima ora. La Legge n.76 viene modificata in dirittura d’arrivo estendendo la possibilità di accedere ai contributi anche a quei giornali che pur essendo di fuori regione dedicano spazio al Molise con una edizione locale. A un patto però: che queste edizioni locali abbiano almeno venti anni di vita. Perché proprio vent’anni? Perché in questo modo “Il Tempo” rientra nel gruppo di quelli che hanno diritto al finanziamento, mentre invece “Nuovo Molise” – che ha meno di vent’anni di vita – rimane ancora tagliato fuori.
Ovviamente l’intenzione iniziale, favorire esclusivamente il "Quotidiano del Molise", non può essere abbandonata del tutto. E allora, sul filo di lana, viene proposto e approvato un ulteriore emendamento che istituisce una “graduatoria di merito” fra i quotidiani con una diversa distribuzione di fondi, in modo tale che al "Quotidiano" vada la fetta più grossa (poco meno di 150mila euro, in pratica la metà del finanziamento complessivo) e il resto ai beneficiati dell’ultima ora.
La sintesi è sotto gli occhi di tutti: soldi a giornali amici, in modo da garantirsi una fedeltà eterna. Neppure un centesimo invece al nemico. Nemico, sarà il caso di precisarlo, non del centrodestra in generale, ma del gruppo politico che guida la Regione.
La Legge è stata discussa in aula lunedì, in fretta e furia. La maggioranza di centrodestra ha votato a favore, ma non senza mal di pancia. I consiglieri più vicini a Patriciello che a Iorio (e Patriciello, si sa, è in ottimi rapporti con Ciarrapico) hanno provato a proporre qualche emendamento, ma sono stati bocciati.
Bocciatissimi i consiglieri della minoranza. I quali per due anni hanno coltivato l’illusione di poter scendere a patti con il centrodestra chiedendo di accantonare questa legge “ad personam” per mettere mano a una legge di più ampio respiro rivolta a tutto il settore dell’informazione (compreso quello via internet) e soprattutto in grado di portare benefici più ai giornalisti che non agli editori,. Poi, accortisi finalmente che le intenzioni del Governatore erano bel altre, si sono limitati alla sola cosa che, una volta rinunciato alla battaglia, si può fare: esprimere un voto contrario. Un voto inutile per impedire che ai molisani vengano spillati altri 300 mila euro per una cosa che – stando alla diffusione dei giornali locali – a loro neppure interessa.
Interessa molto invece a chi questa legge l’ha fortemente voluta. Non a caso – ed è l’incredibile chicca finale – il testo delle legge dimostra che non si tratta di una semplice regalia a compensazione della fedeltà passata, ma anche e soprattutto una polizza di assicurativa sulla fedeltà e l’accondiscendenza degli organi di stampa per i mesi e gli anni futuri. Come? Un articolo della legge n. 76 attribuisce al Presidente della regione la facoltà di espellere dalla lista di coloro che hanno diritto ai contributi qualsiasi impresa editoriale in qualsiasi momento. E’ sufficiente che la sua decisione sia motivata per iscritto. E di motivazioni con cui tenere sotto scacco i giornali amici il Presidente ne ha a disposizione a decine. (mv)

venerdì 9 ottobre 2009

Franco D'Andrea, concerto per piano solo il 16 ottobre a Campobasso


Tra le interessanti iniziative di “L’ibrid’azione”, manifestazione organizzata dalla Provincia di Campobasso e promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, c’è sicuramente la presentazione del film di Martin Scorsese "The Blues – Dal Mali al Mississipi”, con la testimonianza di Franco D’Andrea, considerato il più grande pianista jazz italiano. L’artista sarà a colloquio con Gianclaudio Piedimonte, musicista, docente e presidente dell’Associazione Musicale “Thelonious Monk” di Campobasso e Leopoldo Santovincenzo, autore e regista Tv per RAI Sat Cinema World, anch’egli campobassano. Oltre al dibattito sulla musica afroamericana affrontato da tre esperti del settore, in serata ci sarà anche la performance di Franco D’Andrea, in piano solo.
Il pianista inizia la sua attività professionale con Nunzio Rotondo alla Rai di Roma. Nel 1961 la sua prima registrazione con Gato Barbieri, nel cui gruppo suona per due anni. Nel 1968 fonda con Franco Tonani e Bruno Tommaso il Modern Art Trio. Dal 1972 al 1977 suonato con il gruppo jazz rock Perigeo. Nel 1978 forma il proprio trio con Dodo Goya e Bruno Biriaco, continuando l’attività solistica e avviando un’intensa attività didattica. Durante la sua carriera Franco D'Andrea ha suonato con musicisti jazz di primissimo piano esibendosi in tutti i continenti; ha composto e registrato centinaia di brani, vincendo vari ed importanti premi.
L’evento è previsto venerdì 16 ottobre con inizio alle ore 18,00 nel Teatro Savoia di Campobasso.

giovedì 8 ottobre 2009

MUSICA DI CORTE: LA XV EDIZIONE


“Musica di corte” giunge alla sua quindicesima edizione: traguardo reso possibile, affermano dall'Associazione Musique Ancienne, grazie all'appoggio degli Enti locali. "Questa manifestazione - si legge nella presentazione - non avrebbe potuto arrivare ad essere, stabilizzandosi nel tempo, un riferimento culturale per il pubblico dell'intera Regione."
L’edizione deI 2009 si contraddistingue per l'attenzione al sociale e l'apertura al territorio. Solidarietà e grande musica. Il concerto di apertura è previsto l’11 settembre. L'associazione Musique Ancienne rende omaggio a Georg Friedrich Haendel, uno dei compositori più famosi del periodo barocco europeo, di cui si ricordano i 250 anni della scomparsa. Sede dell'evento il Teatro Savoia che ospiterà il mezzosoprano inglese Catherine King accompagnata dall’Orchestra barocca Collegium Pro Musica diretta dal flautista Stefano Bagliano. Verranno proposti, per i’occasione, arie d'opera e concerti strumentali.
Il ricavato della serata verrà devoluto all’Associazione “IRIS—PCR—OG—ONLUS”(Insieme per Realizzare Iniziative di Solidarietà nel campo della Prevenzione, Cura e Ricerca in Oncologia Ginecologica) che opera al Policlino Gemelli di Roma e all’Università Cattolica del Sacro Cuore a Campobasso.
Territorio. Un concerto si svolgerà a Campomarino, cittadina della costa molisana importante sia a livello turistico che economico. L’appuntamento del 25 ottobre sarà nel Caffè Letterario del Palazzo Norante con il concerto dell’Ensamble Les Nations, formazione barocca in cui spicca la presenza del cornetto, strumento affascinante e raro da ascoltare.
Da non perdere i concerti che si terranno a Campobasso il 23 ottobre e il 28 ottobre nella Chiesa di San Leonardo che da anni, ormai, ospita la manifestazione. Il 23 potremo ascoltare il duo chitarristico composto da Giuseppe Caputo e Luciano Pompilio che proporrà le Variazioni Goldberg di J.S. Bach di recente registrate in prima mondiale e allegate alla nota rivista specializzata Guitart che ha dedicato ai due maestri la sua copertina. Infine si potrà apprezzare la proposta musicale dell’Ensemble Arthemysia, gruppo di giovani musicisti emergenti, segnalato dal Conservatorio “Piccininni” di Bari.

martedì 6 ottobre 2009

Sotto le stelle del jazz: in anteprima i concerti di Jazz Divino a Campobasso

Sembra delinearsi sempre di più il calendario di concerti previsto nella nuova edizione di “JazzdiVino”, rassegna di musica jazz ideata dai Grandi Magazzini Teatrali di Campobasso e diretta da Michele Lanza in collaborazione con Donato Cimaglia. Da novembre fino all’aprile del 2010 sul palco del magnifico contenitore nonché laboratorio culturale cittadino, torneranno ad esibirsi nomi importanti della scena jazz statunitense. Sarà un momento per deliziare, oltre che l’udito, anche il palato: insieme alla musica, infatti, ogni sera prima degli show sarà possibile seguire una serie di degustazioni di vini di gran pregio.
Sono finora sei le date già sicure per la rassegna (dovrebbero essere almeno una dozzina) che lasciano presagire ancora una volta una scelta qualitativa notevole da parte dell’organizzazione. Tra queste segnaliamo il 13 novembre il concerto del trio capitanato dal pianista David Kikoski che, per l’occasione, sarà accompagnato da due grandi jazzisti italiani come Roberto Gatto (eclettico musicista da vari decenni attivo ai massimi livelli del jazz italiano, che ha collaborato tra gli altri con Michael Brecker, John Scofield, Bob Berg, Richard Galliano, Paolo Fresu e Enrico Rava) e l’eccellente Dario Deidda, al basso elettrico, che ha collaborato tra gli altri con Mulgrew Miller, Benny Golson e James Moody.
Confermata, inoltre, per l’11 dicembre la data del trio composto da Joey Calderazzo (considerato unanimemente uno tra i più accreditati e prestigiosi pianisti del jazz moderno post bop attivi da molti anni ai massimi livelli sulla scena mondiale) accompagnato da Eric Revis al contrabbasso, che ha suonato tra gli altri con Betty Carter, Billy Harper e Brandford Marsalis, e Antonio Sanchez alla batteria, che ha collaborato tra gli altri con Danilo Perez, Pat Metheny e Michael Brecker.
Il 7 febbraio sarà di scena il Peter Bernestein Quartet. Il chitarrista di New York ha suonato con diverse figure storiche del jazz come Jim Hall, Lou Donaldson, Jimmy Cobb, Tom Harrell e Lee Konitz, nonchè con suoi pari quali Bill Stewart, Joshua Redman, Diana Krall, Nicholas Payton, Eric Alexander e Larry Goldings. In questo tour italiano Bernstein sarà accompagnato dall'elegante Sam Yahel al piano, che ha suonato tra gli altri con Joshua Redman, Jeff Ballard e Norah Jones, l'esperto Doug Weiss al contrabbasso, che ha collaborato tra gli altri con Al Foster, Fred Hersch, Luciana Souza e Kevin Hays, e Willie Jones III alla batteria, brillante strumentista che ha suonato tra gli altri con Milt Jackson, Arturo Sandoval e Roy Hargrove.
JazzdiVino prosegue il 17 febbraio con l’Alex Riel Quartet. Danese, classe 1940, Riel è storicamente uno dei primi batteristi di jazz europei di livello internazionale. La sua carriera è iniziata nei primi anni '60 quando Riel ha fatto parte accanto a Niels-Henning Ørsted Pedersen della house band del Jazzhus Montmartre, celebre jazz club di Copenhagen, avendo modo di suonare spesso con Kenny Drew, Dexter Gordon e Ben Webster. In questo tour Riel si presenta alla testa di un quartetto comprendente Pat La Barbera, esperto sassofonista che ha suonato tra gli altri con la Woody Herman Big Band, Buddy Rich e Elvin Jones, il brillante Dado Moroni al piano, che ha collaborato tra gli altri con Clark Terry, Ray Brown e Ron Carter e il solido Jesper Lundgaard al contrabbasso, uno dei migliori contrabbassisti del jazz danese, che ha collaborato tra gli altri con Dexter Gordon, Johnny Griffin e Hank Jones.
Il quintetto di Greg Osby, invece, arriverà in città il 14 marzo. Osby è da molti anni uno tra i più affermati sassofonisti della scena jazz mondiale. Musicista originale e creativo, ha collaborato tra gli altri con Jack DeJohnette, oltre ad avere guidato svariati gruppi a proprio nome producendo una cospicua discografia ed essere stato uno dei protagonisti del M-Base Collective di Steve Coleman. In questo tour Osby si presenta con quattro brillanti musicisti quali il chitarrista Nir Felder, che ha suonato tra gli altri con Dave Douglas, Jason Moran e, Paquito D'Rivera, il pianista Frank LoCrasto, già al fianco tra gli altri di Pat Martino, Joe Lovano e Wallace Roney, il contrabbassista Joseph Lepore, che ha collaborato tra gli altri con Sam Yahel, Peter Bernstein e David Berkman, e il batterista John Davis.
Infine, ultima data confermata, è quella prevista per il 21 aprile con il quartetto capitanato da Joe Locke che tornerà nuovamente in Molise dopo aver calcato in questa estate il palco del Festival dell’Adriatico a Termoli e l’Eddie Lang Jazz Festival di Monteroduni. Considerato il più straordinario vibrafonista della sua generazione, Locke arriverà in Italia con il proprio quartetto, formato da tre eccellenti musicisti quali il pianista Robert Rodriguez, che ha collaborato tra gli altri con Roy Haynes, David Sanchez e The Caribbean Jazz Project, il contrabbassista Ricardo Rodriguez, che ha suonato tra gli altri con Miguel Zenon, Donny McCaslin e David Sanchez, e il batterista Johnathan E. Blake, già al fianco di John Scofield, Tom Harrell e Kenny Barron.
Scelte eccellenti fino a questo momento, che riportano il jazz nella sua dimensione più consona, quella del club, dopo l’abbuffata gratuita dell’estate nelle piazze più disparate dei comuni molisani, forse ancora troppo disinteressate, nonostante gli ammirevoli sforzi profusi, per questo genere musicale.

sabato 3 ottobre 2009

"L'asino e Penelope", il primo disco di Raffaele Spidalieri


Il fatto di conoscere e di apprezzare da tempo le sue doti umane e professionali oltre che artistiche non pregiudica il parere di chi scrive, rispetto al suo primo ottimo lavoro discografico. Raffaele Spidalieri è ormai un ex ragazzo della Campobasso anni ’80, una generazione (forse l’ultima) che ha vissuto passaggi generazionali e storici importanti e che oggi è medico neurologo a Siena, nella Toscana più pura, quella che condensa meglio tutte le eccellenze di quella terra. Lo studio del cervello umano, però, non ha mai allontanato Raffaele, che pure ha celebri predecessori in questo campo come Paolo Conte ed Enzo Jannacci, dall’amore per la musica. Chitarrista e tastierista della wave band Transizione fino alla fine degli anni ’80, subito dopo si è dedicato alla canzone d’autore italiana facendo riferimento a Fabrizio De Andrè in primis, una presenza che più volte fa capolino all’interno del suo primo vero cd che si chiama “L’asino e Penelope”. Ci rincontriamo per un caffè domenicale come nella migliore tradizione della nostra terra per parlare dell’uscita del disco e per tracciare un primo bilancio della sua attività, non senza però pensare al futuro. “Il disco ha avuto una lunga lavorazione alle spalle – dice Raffaele - sulla quale sono stati in tanti, sia a Siena che a Campobasso, a contribuire alla riuscita del prodotto finale. Il riferimento a Penelope nel titolo riguarda le peripezie che questa tela ha vissuto. In tanti hanno voluto donarmi qualcosa: le opere pittoriche di Francesco Rizzi Francino immortalate nel booklet da Mario Folchi, il sito internet curato da Francesco Spensieri. Ricordo anche Luca Cufari ed Adelchi Battista (due ex Transizione) per i testi. Tra le tante presenze occorre ricordare Ignazio Morviducci che si è occupato del missaggio e mastering del disco: Morviducci ha lavorato per anni con Mina ed Elio e le Storie Tese, oltre che produrre le Vibrazioni. La sua mano è stata fondamentale.”
Parlare del futuro oggi è complicato, anche in campo musicale purtroppo. “Questa è l’epoca in cui la musica è ferma – afferma Raffaele - tutti gli interessi sono concentrati su due programmi tv come Amici e X Factor, due show nei quali si gioca a fare il karaoke proponendo la migliore cover possibile e se ti va bene fai come Giusi Ferreri che vende seicentomila dischi ma si ritrova a non fare concerti perché non stacca un biglietto. Le case discografiche hanno tagliato settori importanti e da tempo hanno cannibalizzato le etichette indipendenti che oggi in Italia non esistono più. Tutto così diventa più difficile. Anche i club dove si dava spazio alla musica dal vivo hanno chiuso i battenti. Restano le vecchie glorie come Vasco e pochi altri. Gente brava come Niccolò Fabi e Max Gazzè per esempio ha grosse difficoltà a fare date dal vivo. Per quanto mi riguarda porterò in giro il disco nelle radio italiane, a cominciare da Radio Subiaco per poi andare a Radio Popolare a Milano, tentando di fare promozione e ascolti in questo modo.” Mentre parliamo tira fuori i dischi di Piero Ciampi: “Vedi, ho seguito i tuoi consigli. Li ho comprati…si, perché ho ancora l’abitudine di comprare i dischi nei negozi…dal vivo sarà in scaletta qualche brano scelto, così come per un altro grande come Franco Fanigliulo. Mi piacerebbe tornare a Campobasso per un concerto, magari al Teatro del Loto di Stefano Sabelli, chissà…”
Liriche intime, non senza punte di sarcasmo, nei brani contenuti dentro “L’asino e Penelope”. Pungenti ma educate come in “Canzoni”, brano che apre l’intero cd: “Io non do consigli buoni, io faccio solo canzoni per poter essere migliori forse, dobbiamo vivere fuori da ogni schema di attori, da quello che dite voi, io vivo sempre di fuori, io scrivo solo canzoni.” Musicalmente il disco si colloca nel pop rock italiano, tra gli echi dell’ultimo Faber ed il migliore De Gregori, canzone italiana allo stato puro, con Raffaele maturo interprete delle sue canzoni, arricchito notevolmente dal lavoro di Ignazio Morviducci al mixer. Un disco che scivola bene nelle sue undici tracce senza momenti minori e cadute di tono, capace di accompagnare l’ascoltatore per quasi un ora, ideale per un viaggio in auto per esempio. Magari, scendendo dall’auto, per una pausa in autogrill, ci si potrebbe ritrovare a cantare, sorridendo inconsciamente al tuo vicino, qualche strofa. E di questi tempi scusate se è poco.

venerdì 2 ottobre 2009

DOPO UN ANNO SI RIPRENDE...


Questo è un articolo che avrei voluto pubblicare, se avessi fatto in tempo, sul quotidiano al quale ho lavorato negli ultimi anni. Non è stato possibile, per ovvi motivi. E' stato deciso di non rinnovare il mio contratto di collaborazione. Motivazioni? Ristrutturazione aziendale. Se i giornali vanno male, amici, la colpa è di chi scrive non di chi dirige maldestramente la struttura. Ma ne parleremo in futuro.

IL MOLISE CHE POTREBBE ESSERE
L'opzione nucleare

Mario sosteneva di aver conosciuto la “fettina” a Torino, quando andò a lavorare in Fiat. Il Mario in questione era Mario Ruocco, operaio della casa automobilistica torinese, di stanza a Pantano Basso di Termoli, in una testimonianza raccolta nel primo libro di Michele Colafato (intellettuale di Portocannone, comune arbereshe in provincia di Campobasso, docente di Sociologia delle Religioni all'Università di Roma «La Sapienza»), intitolato “Modi e luoghi - mercato del lavoro, classi sociali e sapere operaio in una inchiesta nel Sud”, edito da Feltrinelli nel 1978.
Ruocco, dirigente del PCI di Montorio, scomparso nel 1997, riconosciuto come uno dei leader della parte più dura del movimento operaio molisano negli anni settanta, con quella “fettina” di carne bovina, sconosciuta ai contadini ed ai loro figli che abitavano i nostri paesi fino agli anni ’60, aveva perfettamente disegnato il mutamento antropologico che aveva coinvolto il Molise in quegli anni. Insieme alle apparizioni di fenomeni metropolitani come gli elettrodomestici, le villeggiature, le Fiat 500, sulle umili tavole dei mezzadri e dei lavoratori delle campagne molisane, diventati nel frattempo operai metalmeccanici grazie agli stabilimenti termolesi e venafrani, cominciavano a fare capolino anche questi tagli di carne, sconosciuti e tutto sommato inutili sino ad allora. Quel tipo di modello di sviluppo aveva dunque migliorato le condizioni di vita di centinaia di migliaia di italiani del sud, modificandone addirittura anche la dieta (“prima mangiavamo patate – affermava Ruocco - in mezzo a granturco, pane e fagioli”).
Il Molise oggi si trova ad affrontare un nuovo mutamento che questa volta non viene determinato da politiche di sviluppo industriale, tese a migliorare le condizioni di vita dei suoi abitanti e alla crescita di una maggiore occupazione. Dopo una stagnazione che dura ormai dalla fine degli anni ’80, tutte le politiche sin qui intraprese, a causa di forti e ripetute crisi internazionali, debolezza strutturale e, non ultima, incapacità, hanno predisposto un territorio che oggi, fortemente appesantito da un fardello debitorio e strutturale della sanità, oltre a non dare risposte lavorative future, è debole ed insidiato dal nuovo business del mercato dell’energia che ha trovato un territorio storicamente affamato di risorse, malgrado sulla regione con la programmazione europea e statale siano piovute abbondanti risorse economiche.
Tralasciando le storiche centrali idroelettriche disseminate lungo il Biferno ed il Trigno che, in altre realtà sarebbero divenute autentiche attrazioni turistiche quale simbolo dell’architettura preindustriale di questa regione e considerando il mancato sfruttamento turistico dei pur numerosi laghi artificiali che possediamo, il Molise soffre oggi un autentico arrembaggio delle società del settore che hanno bombardato l’intero territorio di pale eoliche, chiamate eufemisticamente “parchi” (sono oltre seicento quelle già installate e almeno duemila le concessioni tra eolico, fotovoltaico e biomasse che attendono le autorizzazioni). Come se non bastasse da qualche anno una centrale a turbogas svetta su Termoli e sui quaranta chilometri scarsi di costa molisana che affaccia sull’Adriatico. E’ in arrivo, inoltre, un altro parco eolico, questa volta “off shore”, ovvero in mare che sarà lungo otto chilometri, composto da 54 torri di ferro alte 74 metri, di fronte alle spiagge di Petacciato tra le 3 e le 5 miglia dai lidi di Termoli e Campomarino. Ovvero gli unici tre centri che sboccano sul mare e fondano la loro economia sul turismo e sull’agricoltura, oltre che sulla zona industriale nella quale, oltre alla Fiat, insistono da anni numerose aziende chimiche e plastiche. Se a tutto questo si aggiunge la paventata costruzione di una centrale atomica in quell’area, si può immaginare come il Molise, da solo, con i suoi trecentoventimila abitanti, nei prossimi quindici anni, a pieno regime, possa arrivare a produrre energia per almeno cinquanta volte il suo fabbisogno. Il dubbio che si pone riguarda la prossima mutazione genetica dei molisani: dall’aratro alla linea robotica della Fiat, il passo è stato breve e tutto sommato positivo.
Quale modello di sviluppo, invece, si cela dietro questa strategia messa in atto da almeno una decina di anni, ovvero con la liberalizzazione del mercato dell’energia? Quale meccanismo perverso ha fatto in modo che, con il libero e giusto accesso al settore energetico da parte dei privati, si siano potute vendere abbondanti porzioni di territorio, secondo il dibattito registrato in Consiglio Regionale, a decine di società da diecimila euro di capitale sociale, a fronte soltanto di una manciata di posti di lavoro e sostanziosi conti in banca? Perché a fronte di forti investimenti non c’è stata la creazione di vera e duratura occupazione e reddito per famiglie ed imprese, ma solo nudi profitti ed ulteriore impoverimento umano ed ambientale di un territorio? Come non cogliere le grida d’allarme delle organizzazioni agricole di categoria, mai così unite, sui rischi che il settore corre? Come non cogliere le dissociazioni e le dimissioni dell’assessore regionale all’energia, contrario alla nuova legge sull’energie rinnovabili nonché all’insediamento della centrale atomica? Il mondo cattolico stesso guidato dai vescovi di tutte le diocesi molisane ha posto precise domande al governatore Iorio. Martedì il Consiglio Regionale ha approvato all’unanimità una mozione con la quale impegna il presidente della Giunta Regionale ad aderire al ricorso alla Corte Costituzionale come già presentato da altre regioni. Basterà tutto questo? E se il ricorso verrà bocciato e Termoli sarà prescelta come area idonea alla costruzione dell’impianto, nonostante le dichiarazioni di garanzia fornite dal Governo, quali azioni toccheranno alla politica regionale? Con quale serenità oggi tutti gli esponenti politici regionali si congratuleranno ancora per quanto fatto in aula? Dov’è la vittoria? E quali azioni toccheranno a quanti sono contrari? Il Governo spedirà l’esercito anche nel Molise così come in Campania?
E’ tempo di riprogrammare il futuro di questo territorio e quello dei suoi cittadini; probabilmente questa classe politica deve responsabilmente indicare verso quale tipo di sviluppo vuole indirizzare questa regione, agendo conseguentemente.
L’opzione nucleare potrebbe addirittura essere una risorsa per questa regione, ma questo nuovo mutamento genetico che potrebbe investire i molisani del futuro, poiché modificherà nuovamente l’economia globale della regione, dovrà scaturire da una riflessione profonda e lunga perché ricca di argomenti controversi. Ci troviamo di fronte un possibile modello plausibile ma sicuramente non sostenibile per le evidenti caratteristiche ambientali e storiche del territorio che oggi ereditiamo. Ulteriori ritardi, in questo senso, non sono più giustificabili.