martedì 21 febbraio 2012

La Casa de pedra di Tandil



La storia di Domenico Conti da Civitanova del Sannio e della sua Movezida, la cava di granito che ha innalzato Buenos Aires
La storia del Molise gravita spesso intorno al peregrinare dei suoi cittadini iniziato nella metà dell’800 e mai concluso, dettato dalle più diverse esigenze o spesso dalla dura necessità. Tracce anzi prove vere possono trovarsi in famosi personaggi del mondo della politica, dell’economia, dell’arte del continente americano, così come nella vecchia Europa e nella lontana Australia. Ben più difficile invece ritrovare elementi concreti, architetture reali, provenienti dal Molise se non i tanti reperti di epoche sannitiche relegate in alcuni musei.
Partì da Civitanova del Sannio, in provincia di Isernia, Domenico Conti per approdare in Argentina dove comprò un terreno a Tandil per edificare la sua “casa de pedra” nel 1875. La Casa de piedra venne edificata come perfetta replica della casa paterna di Conti a Civitanova del Sannio, tanto simile sia per caratteristiche ambientali sia per la presenza di ottimo granito, al territorio di Tandil.
La storia di Conti si colloca perfettamente nella storia del paese latino americano, dove confluirono nella seconda metà dell’800 diverse comunità di emigrati italiani, spagnoli, francesi, tedeschi e russi che, spesso, introdussero dai paesi di provenienza importanti elementi architettonici nelle città e nei villaggi sparsi lungo le ricche terre d’oltreoceano e che ancora oggi sono presenti nel variegato panorama argentino.
Ma la storia di Tandil è legata saldamente alla storia di Domenico Conti perché la “casa de piedra” era attigua alla “Movezida”, una stabilimento di estrazione di pietra di proprietà dello stesso Conti, che contava circa sessanta cave e che forniva, secondo le cronache e i rapporti scientifici, materiale unico per naturalezza e durezza, tanto da divenire l’icona della città ed essere definita scientificamente “la piedra movediza”.
Esteriormente la costruzione presenta blocchi di granito a facciavista che esaltano la sua qualità, la pianta della casa è rettangolare e presenta una serie aperture allineate in funzione della percezione del paesaggio circostante, al suo interno un magazzino per gli alimenti, un officina meccanica, l’infermeria, il telegrafo (il primo di Tandil), oltre a tutti gli spazi che servivano per dirigere i cantieri de “La Movezida”. Ma restano ancora intatti i silos, i nastri trasportatori, l’impianto di frantumazione ed altri elementi per l'estrazione e la lavorazione della pietra, realizzati e progettati nel 1920 dallo stesso Domenico Conti.
Elementi di archeologia industriale che rappresentano una testimonianza unica delle forme di sfruttamento della cava e della sua produzione nella regione all'inizio del secolo scorso. Elementi che hanno fornito l'occupazione principale e sono considerati tutt’ora fonte di vita di questa città.
Le profonde e continue trasformazioni che interessano le tecnologie utilizzate nel settore minerario, hanno fatto di questa attività un prezioso patrimonio storico e culturale che oggi viene apprezzato da turisti e visitatori provenienti da tutto il mondo nonché considerato patrimonio protetto sia in Argentina che in Italia.
Grazie all’impegno di Magdalena Conti, nipote di Domenico Conti ed ex assessore alla cultura di Tandil nonché specialista in conservazione dei Beni patrimoniali, è stato possibile redigere nel 1995 il progetto di ecomuseo da parte dell’architetto Adriana Ten Hoeve, dichiarando la dimora “patrimonio storico, culturale e naturale” della città che ha dato i natali, tra l’altro, al noto scrittore Osvaldo Soriano. Ma la vera sorpresa accade circa tre anni fa quando, grazie all’impegno del Circolo Molisano di Tandil e della stessa Conti, la dimora di Tandil è stata dichiarata dalla Giunta Regionale del Molise come bene di interesse patrimoniale, storico e culturale. Un riconoscimento che premia la storia di un emigrante per certi versi “minore”, lontano dalla retorica che spesso si vuole costruire intorno al Molise fuori dal Molise, che grazie alla sua intuizione ma anche alla sua manualità assorbita sin da bambino maneggiando il rude granito, ha contribuito ad innalzare la Buenos Aires che oggi conosciamo.

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mercoledì 15 febbraio 2012

L'AUDITORIUM DEI SOGNI: INTERVISTA A DOMENICO IANNACONE



Il Molise bonario e pasticcione dei nostri amministratori è riemerso nuovamente dopo il grande successo ottenuto dalla puntata di Presa Diretta del 12 febbraio scorso, programma ideato da Riccardo Iacona e Domenico Iannacone per Rai Tre, che ha dedicato alle vicende legate alla costruzione del nuovo auditorium di Isernia un’interessante inchiesta del giornalista molisano.
Vicende che, in qualche modo, si potrebbero ricollegare alle ormai famose dichiarazioni di un altro amministratore molisano, l’ex sindaco di Guardialfiera Remo Grande che, intervistato da Report, sulla fase di ricostruzione del post sisma del 2002, ammetteva facendosene vanto di aver dirottato su centinaia di concittadini 20 mila euro a testa per la ristrutturazione di case danneggiate dal terremoto anche se il terremoto non aveva procurato danno alcuno. Nulla di penalmente rilevante, è chiaro. La regola però è semplice: se sono in ballo soldi pubblici dunque occorre approfittare anche perché la vita per i sindaci è diventata sempre più dura per la mancanza di investimenti da parte dello Stato. Si chiami terremoto, si chiami alluvione, si chiamino celebrazioni per l’Unità d’Italia: se c’è da attingere non bisogna farsi scrupoli anche per costruire un auditorium da tremila posti in una città da ventiduemila abitanti dagli scarsi consumi culturali. Abbiamo anticipato insieme a Domenico Iannacone, giornalista molisano e curatore dell’inchiesta, i temi del servizio giornalistico, trovando ampia disponibilità da parte sua e grande interesse per centinaia di utenti della rete che hanno potuto seguire l’intervista sul canale de Il Bene Comune Tv.
Con “Presa Diretta” torni a parlare del tuo Molise e precisamente della vicenda legata alla costruzione dell’auditorium di Isernia. Quali sono le novità sostanziali della tua inchiesta rispetto a quanto è stato scritto sinora?
“Innanzitutto il parere dell’Autorità di vigilanza del 28 novembre scorso che afferma che la gara d’appalto non è stata regolare. Di conseguenza si aprono punti oscuri dinanzi a questa vicenda che è stata dispendiosa per le casse dello Stato. Ma si apre un problema di carattere politico perché costruire una struttura del genere ad Isernia è una scelta che politicamente va ad intaccare le vicende di sviluppo di una città. Nell’inchiesta c’è una comparazione interessante tra quella che potrebbe essere l’utilizzo di un’opera di quel tipo e quello relativo all’utilizzo di alcune strutture come il museo del paleolitico che è in sospeso da circa trent’anni. Un problema gravissimo per certi aspetti, sottolineato dalla parole di Emilio Izzo che è uno dei responsabili della comunicazione della Sovraintendenza ai Beni Culturali che afferma la l’importanza e la priorità di quel ritrovamento, definendolo una sorta di miniera d’oro, un’attrattiva incredibile per l’intero territorio. Io sono molisano ed ho un problema anche di ignoranza rispetto a questa vicenda: non avevo mai visto la grande quantità di ritrovamenti presenti ad Isernia e sono rimasto molto colpito. Da giornalista che vive a Roma, voglio portarci mia figlia…”
Hai parlato di implicazioni politiche, di che si tratta?
“Il sindaco Melogli si è molto incavolato. Sono venuto nel luglio scorso cercando di capire quello che era accaduto. Ci sono tornato alla fine di dicembre, dopo quella che per certi aspetti è stata una pseudo inaugurazione, poiché non sono stati rispettati i tempi di consegna, hanno cercato di imbastire un piccola mostra. Dunque il problema politico è che si spendono soldi pubblici in una regione che ha già tantissimi problemi e si spendono in maniera banale perché fare grandi opere di quel tipo non serve a nessuno.”
Però queste opere sono state inserite all’interno del programma più vasto relativo ai festeggiamenti del 150° anniversario dell’Unità d’Italia…
“Mi sembra una grande farsa. Perché inserire un’opera di quel tipo? Qual è il valore e qual è la richiesta di quel tipo di opera in una città come Isernia che è una città di ventiduemila abitanti. E’ chiaro che c’è un problema di tipo politico perché quell’opera è stata finanziata dall’ultimo governo di centrosinistra. All’epoca il sindaco Melogli si è recato a Roma insieme all’ex assessore Castiello portando il progetto alla segreteria dell’allora ministro Antonio Di Pietro. E’ dunque un problema generale: significa che lo Stato è una mucca da mungere e che appena c’è l’occasione di cavalcare cose di questo tipo c’è sempre tempo tempo. “
L’aumento sconsiderato dei costi relativi alla costruzione dell’opera probabilmente non sarebbe stato neanche immaginabile.
“In effetti l’Autorità di vigilanza afferma proprio questo. Dice che praticamente la gara non stata regolare e probabilmente la Procura dovrà tenerne conto. Se la gara non è regolare è chiaro che quell’opera è partita malissimo, è chiaro che se si inserisce quella spesa in un contesto di grandi eventi dove sappiamo che la Protezione Civile aveva carta bianca, senza problemi di nessun tipo, facendo lievitare i costi e portando tutte le modifiche senza una gara naturale, è chiaro che diventa un’opera che presenta tanti punti oscuri.”
Ne viene fuori quella che è stata denominata “la Cricca”?
“Non so come la Cricca abbia potuto inserirsi e manipolare le cose. Io so soltanto che alcuni progetti sono stati visionati a Roma e che, in una notte, siamo passati da quattro milioni e mezzo a quarantuno, poi sono scesi a ventisette milioni, poi sono risaliti… voglio dire (afferma ridendo ndr) che nella notte tra Natale e Santo Stefano mi sembra strano che alla Ferratella a Roma lavorassero anche in quei giorni. Le cronache ci hanno detto cosa facessero alla Ferratella in quel periodo.”
Quali personaggi sono entrati nella tua inchiesta oltre al sindaco di Isernia Gabriele Melogli?
“Innanzitutto tutto proprio una bella intervista al sindaco Melogli che a luglio mi porta a visitare la sua creatura e mi parla in maniera così entusiasta di quello che ha fatto. Mi è sembrata una persona che vivesse fuori dal mondo. Mi ha dato l’impressione di un sindaco completamente scollegato dai problemi della città. Lui parlava di un’opera colossale che sarebbe restata nella storia di Isernia e negli annali molisani e addirittura dell’intero centro sud. Ne ha parlato con tanto entusiasmo che mi ha molto meravigliato. Parlava di quel finanziamento come se non avesse creato qualche problema nelle tasche dei cittadini isernini ma considerava il finanziamento come qualcosa che venisse da lontano e quindi da prendere. Per vincere una lotteria, ha parafrasato Melogli, c’è bisogno di giocare e di prendere il biglietto, se tu non lo prendi non vinci mai .”
Da parte di qualcuno sono emersi problemi per gestione delle varie attività presenti nell’interno della struttura?
“Non riesco neanche ad immaginare come si potrà accendere la caldaia di quel posto. Quanto costerà e soprattutto chi pagherà? Quali contenuti ci saranno all’interno? Questo è il problema.”
Si parla di trentacinquemila metri quadrati…
“Solo in parte, ne è stata realizzata sono una parte infatti perché c’è stato un progetto stralcio. C’è una terrazza, ci sono cose…che poi vedrete. Questo è un percorso della megalomania della politica: forse c’è una autoinganno da parte della politica che fa credere quello che in effetti non è.”
Sai che è nato un gruppo su facebook in difesa dell’auditorium?
“Credo che la realizzazione di quell’opera ognuno se la voglia giocare politicamente: Melogli è al suo secondo mandato ma vuole lasciare il segno, probabilmente il suo successore potrà farsi forza su questa struttura. E’ chiaro che adesso la risposta può essere soltanto questa…ma a che pro? Quanta occupazione si può creare, che tipo di occupazione stabile? Immagino che all’inizio ci saranno i primi contratti a tempo determinato e poi come finirà? Nel corso delle mia indagini in giro per l’Italia ho visto tante situazioni del genere che spesso partono in pompa magna per poi restare completamente abbandonate. “
Dunque non è un problema solo tipicamente meridionale…
“Il concetto è che al sud abbiamo un ulteriore svantaggio: siamo un po’ imbecilli…perché sentiamo il bisogno di fare le cose in grande mentre dobbiamo realizzare cose piccole, noi abbiamo bisogno di uno sviluppo sostenibile. Quella parte dell’auditorium inaugurata è come se fosse una cartina al tornasole per misurare quello che succede da noi. Il Molise ha bisogno di uno sviluppo particolare, tante volte con il Bene Comune abbiamo ragionato su questo argomento. Abbiamo parlato di sviluppo sostenibile che si adatta al territorio, che lo capisce e ne comprende la duttilità. Ed invece qui facciamo cose diverse: portiamo le grandi aziende che non fanno le grandi aziende e se ne vanno, facciamo uno sviluppo che deturpa il territorio ed il bene comune che abbiamo. La nostra puntata di “Cemento” è una sorta di grido di dolore dell’Italia intera. L’auditorium di Isernia rappresenta lo spreco, rappresenta la pazzia anche politica: però in effetti noi raccontiamo tutto quello che accade in Italia dal nord al sud. Nel settentrione troveremo i palazzi di Ligresti che sono completamente vuoti, dati come merce di scambio per lottizzazioni, per vantaggi che sono di tipo corporativo. Racconteremo di Ischia, schizofrenica, dei condoni e del non rispetto delle regole; siamo andati in Emilia Romagna per raccontare delle cooperative rosse che anche loro hanno svenduto il territorio. Tutti svendono qualcosa.”
Non si ancora spento l’eco dell’inchiesta giornalistica di La7 dove è stato intervistato il presidente Iorio sui presunti sprechi derivanti dalla costruzione e l’arredo della nuova sede della Giunta Regionale. Tu cosa pensi dell’atteggiamento della grande stampa nazionale proprio rispetto alla nostra regione?
“Noi siamo una piccola realtà, siamo una regione provinciale. Qui in redazione arrivano continuamente stimoli e notizie per poter fare delle cose sul Molise perché la nostra è rimasta una sorta di isola protetta dal punto di vista mediatico, dove non si è raccontato molto ed invece c’era molto da raccontare. Il problema è questo: noi sappiamo quanta libertà di stampa ci sia in Molise. Chiaramente lo cose son rimaste li: ma la politica corrotta, gli scandali, gli sperperi sono ancora lì e c’era bisogno di raccontare queste cose e adesso si accendono i riflettori perché esistono altri mezzi di comunicazione che aprono uno squarcio su una realtà che era rimasta sempre coperta”.
L’inchiesta di Domenico Iannacone, oltre a mostrare il nervo scoperto degli amministratori isernini, ha avuto il merito di aver alzato gli storici sbarramenti riguardanti la realizzazione definitiva del Museo del Paleolitico isernino, innescando una serie di reazioni a catena. La prima (negativa) ha riguardato il cambio della serratura dell’ingresso del Museo: a pochi giorni dagli sguardi impietosi delle telecamere di Presa Diretta sui problemi della struttura del sito in località la Pineta, permesso grazie al coraggio di Emilio Izzo, dipendente della Sovraintendenza nonché segretario regionale della Uil Beni Culturali (che ha denunciato i fatti in una conferenza stampa tenutasi il 18 febbraio scorso), c’è mistero sulle responsabilità di una scelta per ora non giustificata da nessun atto scritto e pubblico. Le altre reazioni (positive) sono state quelle di numerose personalità del mondo della cultura e delle scienze che, grazie all’intervento di Presa Diretta, hanno potuto conoscere le ricchezze del giacimento di storia presente ad Isernia, promettendo un intervento su scala nazionale. E’ questo probabilmente il Molise che tutti vogliamo sia portato all’attenzione dell’opinione pubblica, è questo il Molise che può vivere il suo futuro con dignità e serenità all’ombra però di scelte rigorose e consapevoli dell’identità di un territorio.