sabato 1 maggio 2010

GIAMPIERO

Quattordici anni ma fumava già un pacchetto di emmesse al giorno. Giampiero correva con il suo scooter senzacasco ogni giorno tra Via Gramsci e il bowling con il suo giubbotto borchiato di stelle gialle. Un generale sul suo destriero ritto sulle zampe posteriori. Gli occhiali all'ultima moda comprata al mercato del mercoledì di Via Einaudi. Giampiero lavorava come aiuto manovale con lo zio, altro manovale inzuppato nell'aulin mattutino per assorbire il dolore ed il freddo di troppe mattine gelide, di pomeriggi afosi e di notte umide trascorse sui cantieri. Lavoravano al nero, in coppia da tre anni, per qualche piccola ditta edile di ex muratori arricchiti o di geometri senza passione. A scuola non ci andava più da quando suo padre se n'era andato di cirrosi epatica. Erano venuti i carabinieri a casa e pure quelli del comune, ma lui a scuola non voleva andarci. La mamma cuciva qualche volta e faceva le pulizie nei palazzi di Vazzieri. Vivevano nelle case popolari di Via Matteotti, in palazzine con mattoncini marroni e cemento grigio, scritte sui muri scrostati dal gelo e dal tempo inneggiavano alla Juventus. La mamma non parlava molto. Andava in chiesa, guardava la televisione, preparava la cena. Non parlava quasi mai la madre di Giampiero. Ogni tanto parlava con la signora Pina, riusciva a sorridere qualche volta con Zio Peppino solo la domenica davanti alla pasta al forno. Giampiero passava ogni giorno sotto la finestra dove si affacciava Marta. Dalle sei alle nove, sopra e sotto, sotto e sopra, fino a quando finiva la benzina. Marta era figlia di impiegati pubblici, quarti e quinti livelli con le ferie assicurate, la casa popolare, il sogno di avere piùsoldi per comprarsi il televisore piùgrande e la parabola per la juventus. La pizza il sabato sera comprata da asporto, Fiorello e birra forst. Un amaro, l'ultima sigaretta e a letto aspettando la domenica per lavare l'automobile comprata a rate. Marta voleva andare al ragioneria perché pure quella cretina della sua amica Francesca ci voleva andare. Voleva diventare come quelle signore col tailleur che si vedono per il corso con la cartella in mano, camminano a passo veloce e sembra che sono importanti. Ma Giampiero gli piaceva. Aveva lo sguardo sveglio ed il corpo scolpito dai pesi dei secchi di sabbia e dai manubri dei cristi di ferro. Si erano conosciuti alla panchine del Parco dei Pini l'estate scorsa. In mano aveva il cd napoletano di Gigi D'Alessio ed un fiordifragola appena scartato. Gli occhiali a specchio, il jeans e la tshirt dolce e gabbana. Ascoltava da lontano il rumore della marmitta ad espansione dello scooter buster di Giampiero e ogni tanto, con civetteria, si fermava dinanzi la finestra per farsi vedere. E a Giampiero gli pigliava un colpo e sudava ogni volta che riusciva ad intravedere la sagoma di Marta alla finestra. Era novembre e fra poco non si lavorava più perchè veniva la neve e poi natale, i botti di capodanno, lo spumante, la puzza di fritto, il setteemezzo, il veglione della chiesa. Eppoi la befana, gli piaceva rimanere a casa a Giampiero al caldo. Si, ogni tanto doveva aiutare lo zio per fare qualche piccolo trasloco, qualche pittura, qualche facchinaggio. Ma lui era grande e grosso proprio come il padre prima che cominciasse a bere così forte. Prima l'aperitivo, poi il campari alla mattina, eppoi lo stravecchio e la vecchia romagna, eppoi il vino della cantina, eppoi il fegato che ti corrode l'anima e diventi violento, eppoi pugni alla mamma e porte spaccate, eppoi puzza di vomito e di sudore. Se ne era andato da tempo e Giampiero ormai ricordava solo la puzza di vomito di quell'uomo e i pianti della madre. Era forte Giampiero, con gli altri ragazzi non faceva amicizia, andavano a scuola, lui no. Era forte Giampiero, aveva il suo scooter ed era innamorato di Marta. Era forte Giampiero anche quando l'impalcatura di quel cantiere a San Giovanni crollò. Sorrise allo zio, con il torace fracassato, prima di spirare per l'ultima volta. Era forte Giampiero, non saprà mai se Marta era davvero innamorata di lui. Non saprà mai perchè sua madre parlava sempre così poco. Era forte Giampiero anche quando la sua morte scatenò l'ennesima campagna di stampa contro il lavoro minorile: tre giorni su un quotidiano locale per poi sparire per sempre. Era forte Giampiero, addirittura qualcuno propose una mozione alla regione per denunciare la piaga del lavoro nero. Era forte Giampiero, ora nel luogo dove ha aspirato l'ultima emmesse apriranno un centro commerciale e le signore di San Giovanni potranno fare meglio la spesa tra stipendi che non bastano mai e prezzi sempre più alti. Tre etti di macinato, una bottiglia di latte, un chilo di pane, sei uova e le brioscine per il nipotino. Era forte Giampiero, forse gli intitolano una strada...

Tratto da "Dio c'è, non ce fa" Raccolta di racconti inediti di Maurizio Oriunno

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