sabato 24 marzo 2012

L'ADELCHI VA ALLA GUERRA


Intervista all’autore Adelchi Battista in occasione dell’uscita del suo primo romanzo “Io sono la guerra”, edito da Rizzoli. La caduta del fascismo, l’invasione degli Alleati in Sicilia, la controffensiva dell’esercito sovietico, le paure degli ufficiali tedeschi: tutto comincia alla fine del giugno 1943.


I destini della seconda guerra mondiale raccontati percorrendo un network di personaggi e di comprimari che parteciparono da vinti e da vincitori, spesso soltanto da vittime, ai fatti del luglio 1943. Il primo romanzo di Adelchi Battista “Io sono la guerra” supera la retorica del romanzo storico e contemporaneo per gettare il lettore in una rete di informazioni, date, numeri ma anche di anime dei personaggi, senza avere nessun altro senso, dato che non esiste la fine classica del romanzo, che quello di raccontare con efficacia e ritmo tutto quello che determinò nei giorni a seguire quel lasso di tempo. Edito da Rizzoli “Io sono la guerra” è il primo romanzo di Battista che dopo le sue belle esperienze in televisione e radio (Rai, Radio 24, Radio Italia Nework) come autore e nel teatro, è approdato lo scorso anno nella storica casa editrice milanese per pubblicare dopo un gigantesco lavoro di documentazione e rielaborazione di informazioni l’idea di un romanzo storico vero ma non cronachistico. Parlare con Adelchi Battista è facile: sia perché abbiamo condiviso nel post adolescenza medesimi luoghi ed esperienze ma anche perché la sua disponibilità ed il suo entusiasmo sono sempre stati totali. Lo incontriamo nella nostra redazione che scruta con interesse, non prima di una bella chiacchierata privata sulla nostra città sognata ma mai realizzata, dinanzi alla nostra bottiglia in vetro colma di acqua naturale e che naturalmente deve restare pubblica.
Parafrasando un autore brasiliano che io amo molto come Jorge Amado, Adelchi Battista non è stanco di guerra?
“Non ancora, è complicato comunque gestire questo genere di informazioni e di tesserne certe trame ma ho intenzione di concludere questo lavoro che vuole chiudere così la sezione temporale inquadrata nel mio libro ma anche quella successiva. “Io sono la guerra” si conclude con la caduta di Mussolini avvenuta il 25 luglio del 1943, da circa un anno e mezzo sto lavorando per una seconda parte che guarderà ai quarantacinque giorni del governo Badoglio, l’armistizio, la Liberazione fino all’uccisione di Mussolini avvenuta il 12 settembre. Solo dopo questa seconda parte che non ha ancora un titolo, potrò dire di aver finito con la guerra.”
Circa sessanta personaggi caratterizzano il tuo lavoro. Da Churchill a Stalin, da Hitler a Mussolini ma anche prefetti, gerarchi, semplici soldati e ufficiali, fino a Lucky Luciano ed un giovane avvocato di nome Michele Sindona, entrano con i loro destini, le loro decisioni, i loro dubbi dentro la storia della Guerra Mondiale e non ne escono più.
“E un approccio un po’ particolare, nel senso che non esiste il concetto classico del romanzo storico. Nei romanzi storici solitamente troviamo inserti di fiction pura all’interno di sfondi reali, io voluto condurre un’operazione opposta cioè ho voluto rendere fatti assolutamente veri, chiaramente in alcuni casi un po’ arrangiati, ma senza l’ausilio della fiction, cioè senza un personaggio, un gruppo, una famiglia. In questo caso è stata la Storia stessa che si è trasformata in un romanzo. Per fare ciò ho dovuto però tenere conto di tante interazioni. Noi crediamo che la Storia sia fatta dai grandi capi di stato, in realtà io credo che il ero orizzonte degli eventi sia determinato da una serie di quadri intermedi che sono le seconde gerarchie del fascismo, i generali di Hitler, gli ufficiali ed i soldati americani, italiani, russi e così via.”
E’ stato difficile per te reperire tutte queste fonti?
“Ci sono voluti ben quattro anni di lavoro sugli archivi di mezzo mondo che, però devo dire, sono stati abbastanza facili grazie alla tecnologia. Oggi abbiamo possibilità che, per gli storici anche solo di soli cinque – dieci anni fa, non esistevano, a meno che non fossero ricchissimi per potersi permettere un viaggio per visitare gli archivi oggi a Londra piuttosto che a Washington. Oggi tutto questo materiale è in rete: i governi occidentali ma anche quello russo, giapponese e cinese hanno fatto un buon lavoro. Quello italiano invece è indietro sotto questo punto di vista: gli archivi italiani devono essere visitati ancora a piedi, solo adesso si comincia ad intraprendere qualche passo. Al contrario delle biblioteche: un gran lavoro è stato fatto proprio a Campobasso dagli amici della Bibliomediateca che mi hanno reperito dei documenti di difficile accesso. Tutto ciò permette una visione molto più ampia, molto più analitica e precisa dei singoli avvenimenti.”
Hai inquadrato il tuo romanzo in un mese ben preciso. Che tipo di scelta hai compiuto?
“In quel mese la guerra subisce una svolta abbastanza radicale cambiando segno. In generale noi italiani abbiamo sempre avuto un problema con la guerra, ovvero iniziare con uno e finire con l’altro, per motivi non sempre ben compresi. Nel mio caso all’interno di questo periodo sono accadute cose, secondo me, che ci hanno fatto capire bene in che razza di guaio ci eravamo cacciati. La popolazione lo ha capito abbastanza rapidamente poiché è quella che subisce sulla propria pelle gli errori dei potenti ma è impotente, poi lo hanno capito le sfere intermedie come i prefetti, i gerarchi e per ultimo lo capisce anche il Re. Quando quest’ultimo si sveglia si prendono i provvedimenti nonostante però i disastri siano già molto avanti. In quel mese dunque c’è la comprensione del disastro, poi c’è l’invasione del territorio da parte degli alleati ma c’è anche l’inversione di tendenza della guerra in Russia con la controffensiva dell’esercito sovietico che da quale momento arriverà fino a Berlino senza mai fermarsi. E’ il momento in cui la guerra subisce una svolta e credo che questo momento doveva essere scritto nella maniera più analitica possibile per descrivere come avvengono certi mutamenti in guerra. In realtà quando si scrive un romanzo storico si vuole parlare di oggi non del passato quindi è il mutamento di governo che mi interessava più di altre cose. Ho cercato tante analogie (la caduta di Berlusconi ndr), senza cadere nella trappola, però le ho cercate e secondo me ne ho trovate tante.”
Sotto l’aspetto narrativo e storico trovo molto interessante, riferendomi alla parte relativa allo sbarco degli angloamericani in Sicilia, quando entra in campo accanto al boss Lucky Luciano, un giovane avvocato di Messina di nome Michele Sindona, nell’operazione Avalanche.
“E’ un fatto storico anche se tanti commentatori non hanno mai voluto seguire questa traccia. E’ un fatto che l’amministrazione americana abbia cercato settori mafiosi per facilitare il proprio ingresso nell’isola. Tant’è che hanno chiesto, secondo quando poi si è accertato, a Lucky Luciano che era in galera, scontando diversi ostacoli, un elenco di nomi che potessero in qualche modo facilitare l’avanzata dell’esercito. Luciano ottenne di scontare la pena in Sicilia, tutti quei nomi divennero in seguito sindaci della quasi totalità dei comuni siciliani. Penso a Villalba con Calogero Vizzini, penso a Musumeni con Don Giuseppe Giancorusso e così via, dando spazio e cittadinanza al Movimento Indipendentista Siciliano che, insieme a Salvatore Giuliano ha portato alla strage di Portella delle Ginestre. Rispetto a Sindona, allora giovane avvocato messinese che a soli ventitre anni era a capo dell’ufficio delle imposte della città sullo Stretto, nell’episodio viene istruito proprio da Lucky Luciano, in effetti non ci sono prove dirette sulla sua presenza negli States) sulla ricerca dei nomi di cui sopra.”
Nella tua vita di autore hai lavorato per lungo tempo nel mondo teatrale, musicale e radiofonico. Cos’altro hai in riserbo, oltre alla seconda parte di “Io sono la guerra”?
“Non dovrei dirlo ma mi pare di capire che nel 2012 ci sarà anche la produzione di un film con una mia sceneggiatura. Non voglio anticipare ancora nulla poiché siamo ancora in una fase embrionale del progetto che però ha ricevuto interessi molto ma molto particolari che se dovessero andare in porto, suppongo potrà far parlare di se.”

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