sabato 28 aprile 2007

UNA STORIA DISONESTA



Si discuteva dei problemi dello stato
si andò a finire sull'hascish legalizzato
che casa mia pareva quasi il parlamento
erano in 15 ma mi parevan 100.
Io che dicevo "Beh ragazzi andiamo piano
il vizio non è stato mai un partito sano".
E il più ribelle mi rispose un po' stonato
e in canzonetta lui polemizzò così:

"Che bello
due amici una chitarra e lo spinello
e una ragazza giusta che ci sta
e tutto il resto che importanza ha?
che bello
se piove porteremo anche l'ombrello
in giro per le vie della città
per due boccate di felicità".

"Ma l'opinione - dissi io - non la contate?
e che reputazione, dite un pò, vi fate?
la gente giudica voi state un po' in campana
ma quello invece di ascoltarmi continuò:

"Che bello
col pakistano nero e con l'ombrello
e una ragazza giusta che ci sta
e tutto il resto che importanza ha?"

Così di casa li cacciai senza ritegno
senza badare a chi mi palesava sdegno
li accompagnai per strada e chiuso ogni sportello
tornai in cucina e tra i barattoli uno che....

"Che bello
col giradischi acceso e lo spinello
non sarà stato giusto si lo so
ma in 15 eravamo troppi o no?".
E questa
amici miei è una storia disonesta
e puoi cambiarci i personaggi ma
quanta politica ci puoi trovar

STEFANO ROSSO
Un "personaggio" atipico nel panorama della canzone d'autore italiano. Cantautore? Strumentista? Difficile definirlo. Canta con la erre moscia canzoni ironiche ma anche autobiografiche. Nelle sue canzoni si parla della nostra Italia ma anche di America, di rapporti con le donne ma anche di se stessi, a volte con amenità, sempre con l’arguzia da trasteverino puro. Stefano Rosso suona inoltre la chitarra da consumato strumentista, in perfetto stile finger-picking. Negli ultimi tempi, è riuscito raramente a registrare dischi e la sua popolarità si è un pò ridotta, ma il pubblico che lo apprezza gli è da sempre fedele. Nella seconda metà degli anni Settanta ha avuto un momento di considerevole popolarità con Una storia disonesta, forse la prima canzone italiana in cui fa capolino lo spinello, che era un po’ il ritratto divertito del fricchettone post-sessantottino. Nato a Roma, vive a Trastevere, in via della Scala, che ha immortalato nella canzone autobiografica Letto 26. Il cognome, Rosso, è fittizio, il suo è il più comune d’Italia (Rossi), ma il suo modo di comporre è assai originale, ciò gli viene dal linguaggio e dalla prospettiva sbilenca, furtiva in cui si pone per osservare e vivere il quotidiano. Con una voce tranquilla e colloquiale, la erre moscia, l’intonazione da vecchio amico, romanesca e ciondolante al punto giusto, Stefano Rosso ha collezionato diversi album, forse con un pò di discontinuità, trovando però spunti saporiti sparsi con poca cura. La filosofia di vita, l’afflato esistenziale resta fuori dallo studio di registrazione, compare invece nelle sue canzoni una simpatia naturale, giocata sul realismo rapido, il lazzo è sempre pronto e la battuta a raffica. Predilige melodie semplici e strumenti che abbozzano invece di tagliare l’ambiente. Eppure si sorride ascoltando i suoi dischi, non solo masticando l’ironia spessa, ma cogliendo pure le parodie indecise tra il graffio velenoso e la dissacrazione in punta di piedi. Dopo Una storia disonesta e ... E allora senti cosa fo, che ottengono una buona affermazione commerciale, nel ‘79 incide Bioradiografie, l’ultimo album per la RCA, , che scatena la sua ira e il malcontento, perchè è praticamente boicottato dalla casa discografica. Nel 1980, partecipa al Festival di Sanremo con il brano L'italiano, contenuto nel disco Io e il signor Rosso, pubblicato da una nuova casa discografica, la Ciao record. Negli anni '80 incide cinque dischi, poco conosciuti, anche perchè mal distribuiti. Nel 1997, la sua nuova uscita discografica, Miracolo italiano, un'antologia contenente tre nuovi brani. Incide poi per la DV More Il meglio, che contiene i suoi maggiori successi, re-interpretati e alcuni nuovi brani. Contiene anche Preghiera, fino ad allora incisa soltanto da Mia Martini nel disco Che vuoi che sia... se t'ho aspettato tanto, del 1976.

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