mercoledì 25 luglio 2007
QUALCHE IPOTESI SUL PERCHE' ANCHE NEL MOLISE LA GIUSTIZIA NON FUNZIONA
Procure che non funzionano...leggiamo i perchè....
Giustizia profumo d’intesa
di Marco Travaglio
Grandi notizie dal fronte della giustizia. In un mese di vita, fra una sparata sulle frecce tricolori e una sulle stanze del buco, il “nuovo” governo è riuscito a non bloccare l’entrata in vigore della legge Castelli sull’ordinamento giudiziario, che da lunedì farà i primi danni. Le vittime, guardacaso, sono i giornalisti e i magistrati, le due categorie più invise a lorsignori.
I due poteri di controllo che dovrebbero vigilare sulla politica e sui quali invece la politica pretende di vigilare. La prima porcata che entra in funzione è il decreto Castelli n. 106, che espropria i sostituti procuratori e gli aggiunti dell’azione penale, ora riservata in esclusiva ai procuratori capi: se prima, per controllare le Procure, bisognava mettere il guinzaglio a 1500 pm, ora basterà addomesticare una trentina di magistrati.
I vertici delle Procure avranno di nuovo, come negli anni d’oro dei porti delle nebbie, potere di vita e di morte sulle indagini, sulle richieste di cattura, e financo sui rapporti con la stampa. Basterà che in una Procura il capo sia un insabbiatore, e nessuno dei sostituti potrà più fare nulla. Né potranno saperlo i cittadini, perché i pm dovranno evitare qualunque contatti con i giornalisti, categoria notoriamente infettiva. E non solo i pm non potranno più dir nulla sulle indagini, ma dovranno pure astenersi da qualunque “attività di centri politici” che inficino “anche l’apparenza” d’imparzialità. Vietare attività di partito, che peraltro nessun magistrato fa, è giusto. Ma l’accenno alla “politica” tout court è un abominio. Tutto è “politico”. Un magistrato che esprime un parere tecnico su una legge in materia di giustizia, come un chirurgo che commenta una legge sulla chirurgia, fa “politica”, esercitando un suo diritto,e spesso un suo dovere costituzionale.
Ora non potrà più farlo, nemmeno per difendere la Costituzione a cui ha giurato fedeltà dalle mire di una classe politica che non la sopporta. E, se lo farà, finirà sotto procedimento disciplinare: Armando Spataro ha annunciato obiezione di coscienza, il che gli fa onore. Se lo facessero tutti i magistrati, sarebbe una grande conquista: 9 mila procedimenti disciplinari contro altrettanti difensori della Costituzione che il Parlamento tenta di manomettere da almeno dieci anni. Uno spettacolo impagabile.
Ma le buone notizie non sono finite. Il neosenatore ulivesco Antonio Polito annuncia con giustificato orgoglio di aver raccolto 40 firme fra tutti i partiti, eccetto la Lega Nord e Italia dei Valori, in calce alla proposta di legge per una commissione parlamentare d’inchiesta sulle intercettazioni telefoniche, che tanti dolori han dato in questi anni a mafiosi, narcotrafficanti, terroristi, ma soprattutto a Fiorani, Ricucci, Consorte, Gnutti, Fazio, Moggi, Carraro e altri furbetti del quartierino e del palloncino. Il presidente della commissione Giustizia Cesare Salvi, piuttosto taciturno sull’entrata in vigore della Castelli, si è ridestato d’improvviso per firmare la legge Polito che, annuncia, sarà discussa “subito dopo il referendum”.
Priorità assoluta: il modo migliore per iniziare la legislatura col piede giusto, per l’entusiasmo degli elettori (già su di giri per l’avvio di promettenti trattative fra Mastella e il duo Pecorella-Ghedini). Se l’avesse proposta Berlusconi, nessuno a sinistra l’avrebbe firmata. Invece l’ha proposta Polito, dunque firmano tutti. E’ così che funziona il “dialogo”: uno di sinistra ricopia a una a una le poche leggi-vergogna rimaste nel cassetto di Bellachioma e cerca i consensi nel proprio campo. A quel punto il più è fatto: il Polo ci sta, visto che è tutta roba sua. Non è meraviglioso?
Scorrendo l’elenco dei firmatari, al fianco di Angius (Ds), Treu, Mancino, Bianco e Binetti (Dl), Malabarba (Prc), Cutrufo (Dc) e Cossiga, si scorgono due nomi prestigiosi: Marcello Dell’Utri e Luigi Grillo. La qual cosa ha molto impressionato il Polito Margherito, tutto emozionato all’idea che i due noti giureconsulti apprezzino la sua trovata. Il fatto che siano l’uno sotto processo e l’altro sott’inchiesta anche in base a intercettazioni che li immortalano rispettivamente a colloquio con noti mafiosi e noti furbetti, non incrina minimamente la fregola politesca. Sventuratamente non ha potuto aderire Totò Cuffaro, anche lui vittima delle microspie, ma impegnato in Tribunale. Firmerebbe anche Ricucci, ma solo a patto che la commissione facesse luce su un altro malcostume giudiziario: quello di perquisire controsoffitti e sofà. Enzo Bianco, per nulla insospettito dalla compagnia, osserva: “Le intercettazioni sono una vera emergenza nazionale,e per le firme non si può chiedere il certificato di vaccinazione”. Sante parole. L’emergenza non sono i reati scoperti dalle intercettazioni: sono le intercettazioni. Prossimamente su questi schermi, una legge per debellare l’influenza abrogando i termometri.
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