sabato 7 luglio 2007

RIFIUTI, OPERAZIONE CHERNOBYL. SEQUESTRATI 4 DEPURATORI



di Giuseppe Ardagna
pubblicato su Idv quotidiano
del 5 Luglio


La Camera ha dato il via libera definitivo al disegno di legge di conversione del decreto sull'emergenza rifiuti in Campania con 266 si e 225 no. Dopo il voto al Senato, il provvedimento diventa quindi legge dello Stato. Tra i punti salienti del decreto gli ampi poteri attribuiti al commissario delegato Guido Bertolaso e la nomina dei presidenti delle Province a subcommissari.
Una previsione che va collegata a quella secondo la quale il presidente del Consiglio, su proposta del commissario, revoca lo stato di emergenza anche limitatamente a singoli ambiti provinciali in possesso di sufficiente dotazione impiantistica. Tra le altre novità, il provvedimento contempla la presentazione di un piano per il ciclo integrato dei rifiuti, in alternativa a un piano industriale, così come era stato formulato in precedenza nel decreto da varare entro 90 giorni d'intesa con il ministero dell'Ambiente. Verrà potenziata anche la raccolta differenziata attraverso il sistema di raccolta a domicilio. Mentre il commissario Bertolaso avrà la possibilità di utilizzare cave dismesse o abbandonate e discariche per poter gestire l'emergenza. La discarica di Terzigno, infine, verrà utilizzata solo per il conferimento del fos di qualità, mentre l'utilizzo di Serre viene limitato fino alla realizzazione di un nuovo sito idoneo per lo smaltimento (individuato dal presidente della provincia di Salerno). I comuni campani dovranno infine assicurare che, a partire dal 2008 e per cinque anni, siano applicate tariffe che garantiscano la copertura integrale dei costi del servizio di gestione della spazzatura per Tarsu e Tia (Tariffa di igiene ambientale) pena lo scioglimento dei consigli comunali.

E’ il nord a produrre più rifiuti

Da Nord a Sud è una continua scoperta di sversatoi illegali che non risparmiano alcuna regione della penisola. L'ultimo rapporto Apat, Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, rivela che dei 32 milioni di tonnellate di scarti urbani prodotti in Italia nel 2005, il 45 per cento proviene dalle regioni del Nord, il 32 per cento dal Sud e il restante 22 per cento dalle regioni centrali. Per quanto riguarda il problema dello smaltimento, invece, i dati si ribaltano e a livello di costi il primato sembra andare al centro-sud. In Campania infatti si registra la spesa media annua più elevata d'Italia con 264 euro. A Caserta, la spesa annua per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani sfiora i 400 euro, (393 per la precisione), il quadruplo rispetto alla città meno cara d'Italia, Reggio Calabria, con 95 euro. La città più cara del Centro-Nord è invece Livorno con una spesa di 321 euro. A dimostrazione di una marcata differenza tra aree geografiche del Paese, al primato della Campania si contrappone la spesa più bassa d'Italia, quella del Molise con 118 euro. Differenza che trova conferma anche all'interno di una stessa regione. In Sicilia, a Enna, la Tarsu (tassa smaltimento dei rifiuti solidi urbani) arriva a costare 348 euro (190 euro in più rispetto a quanto si paga a Ragusa, 158 euro). Lo stesso vale per la Lombardia, dove la Tarsu pagata a Milano (262 euro) supera di 138 euro quella pagata a Cremona (124 euro) o nel Lazio, dove il servizio a Latina costa 292 euro, 153 euro in più rispetto a quanto si paga a Viterbo (139 euro).

L’operazione “Chernobyl”

Il ministro Alfonso Pecoraro Scanio, ha espresso soddisfazione per l'operazione “Chernobyl” condotta dai carabinieri per la Tutela dell'Ambiente tra Campania e Puglia e che ha portato, nella giornata di ieri, a 38 decreti di fermo per illecito traffico di rifiuti speciali e pericolosi, disastro ambientale, truffa aggravata e frode.
L'operazione ha portato anche al sequestro (ma con facoltà d'uso) di quattro depuratori in diverse zone della regione: a Licola, Orta di Atella, Marcianise e Mercato San Severino. Il bilancio è stato completato dalla confisca di alcune aziende, di terreni contaminati e di 37 autoarticolati utilizzati per lo smaltimento illegale.
L'attività principale contestata agli indagati (con accuse di associazione per delinquere, traffico illecito di rifiuti speciali e pericolosi, disastro ambientale, truffa, frode nelle forniture) è di aver smaltito fanghi prodotti dagli impianti di depurazione e dal trattamento di acque biologiche industriali, in terreni e corsi d'acqua oppure attraverso l'interramento in siti non idonei.
Quattro le aziende coinvolte nell'inchiesta coordinata dal pm Donato Ceglie: la “So.Ri.Eco srl” di Castel Nuovo di Conza (Salerno), la “Fra.Ma Sas” di Ceppaloni (Benevento), la “Agizza srl” di Napoli, e “Naturambiente” di Castelvolturno (Caserta). Curioso constatare che i documenti concernenti le autorizzazioni concesse alla ditta di Ceppaloni portano la firma dell’avvocato Mario Lupacchini, coordinatore e dirigente del settore ecologia e tutela dell’ambiente per la regione Campania. Il nome di Lupacchini è già in passato balzato agli onori delle cronache in quanto coinvolto nel disastroso incendio della “Irm” di Manocalzati: un disastro ambientale in cui bruciarono tonnellate di rifiuti.
“Naturambiente” di Castelvolturno, invece, è nata il 3 novembre 1994. Al 30 luglio 1999 i soci erano Giuseppe e Giustino Ucciero (capitale sociale 20 milioni di lire diviso in parti uguali). Poi, dal 14 luglio 2000 inizia una vorticosa serie di cessioni: parte delle quote vengono cedute ai fratelli Francesco e Immacolata Gallo come persone fisiche, che poi le cedono a loro volta a Holding Investimenti. Gli Ucciero, invece, cedono le quote a Paolo e Giuseppe Capece i quali poi le rivendono alle persone fisiche Luigi e Giustino Ucciero.
A fine 2002 le quote vengono riacquistate da Paolo e Giuseppe Capece per tornare infine definitivamente nelle mani degli Ucciero attraverso la Holding Share. Nel 2001 questa società risultava avere solo quattro dipendenti, tutti assunti per nove mesi, e un capitale sociale di appena venti milioni di lire mentre, secondo i bilanci, al 31 dicembre 2001 aveva debiti per quasi un miliardo e mezzo di lire. Eppure la società campana, il 30 settembre 2002, chiede di poter locare il complesso al fine di svolgervi “attività di carattere ambientale”. Una richiesta accolta in tempi rapidi. Con la citata delibera del 24 gennaio 2003 il capannone viene concesso in locazione per nove anni (rinnovabili) “per uso industriale a scopo ambientale alla società Naturambiente s.r.l. Gestione e Servizi Ecologici con sede in Castel Volturno o sua costituenda società”.
In questo capannone, nonostante servissero pareri e autorizzazioni che ancora non c’erano, fu prevista una attività di stoccaggio rifiuti. Ma, successivamente, una parte di questo stabile e dei terreni, al termine di un contenzioso ancora non del tutto chiaro e in seguito ad un lodo arbitrale che ha fatto molto discutere, venne ceduta dal Comune ad un'azienda di Venafro, la Ecotop, servizio di raccolta e smaltimento rifiuti, a saldo di un debito di circa due miliardi di vecchie lire. Naturambiente gestiva un impianto di compostaggio a depressione, in località “Tre Pizzi” di Castelvolturno, che il subcommissario Giulio Facchi e Antonio Bassolino, decisero di requisire in parte, per conferire la bellezza di 700 tonnellate al giorno di rifiuti solidi urbani, al prezzo niente male di 2,50 euro al quintale. Altra questione di non secondaria importanza: Naturambiente si occupava anche di concimi e fertilizzanti (e a questo punto sarebbe meglio non chiedersene la composizione).

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