venerdì 2 ottobre 2009

DOPO UN ANNO SI RIPRENDE...


Questo è un articolo che avrei voluto pubblicare, se avessi fatto in tempo, sul quotidiano al quale ho lavorato negli ultimi anni. Non è stato possibile, per ovvi motivi. E' stato deciso di non rinnovare il mio contratto di collaborazione. Motivazioni? Ristrutturazione aziendale. Se i giornali vanno male, amici, la colpa è di chi scrive non di chi dirige maldestramente la struttura. Ma ne parleremo in futuro.

IL MOLISE CHE POTREBBE ESSERE
L'opzione nucleare

Mario sosteneva di aver conosciuto la “fettina” a Torino, quando andò a lavorare in Fiat. Il Mario in questione era Mario Ruocco, operaio della casa automobilistica torinese, di stanza a Pantano Basso di Termoli, in una testimonianza raccolta nel primo libro di Michele Colafato (intellettuale di Portocannone, comune arbereshe in provincia di Campobasso, docente di Sociologia delle Religioni all'Università di Roma «La Sapienza»), intitolato “Modi e luoghi - mercato del lavoro, classi sociali e sapere operaio in una inchiesta nel Sud”, edito da Feltrinelli nel 1978.
Ruocco, dirigente del PCI di Montorio, scomparso nel 1997, riconosciuto come uno dei leader della parte più dura del movimento operaio molisano negli anni settanta, con quella “fettina” di carne bovina, sconosciuta ai contadini ed ai loro figli che abitavano i nostri paesi fino agli anni ’60, aveva perfettamente disegnato il mutamento antropologico che aveva coinvolto il Molise in quegli anni. Insieme alle apparizioni di fenomeni metropolitani come gli elettrodomestici, le villeggiature, le Fiat 500, sulle umili tavole dei mezzadri e dei lavoratori delle campagne molisane, diventati nel frattempo operai metalmeccanici grazie agli stabilimenti termolesi e venafrani, cominciavano a fare capolino anche questi tagli di carne, sconosciuti e tutto sommato inutili sino ad allora. Quel tipo di modello di sviluppo aveva dunque migliorato le condizioni di vita di centinaia di migliaia di italiani del sud, modificandone addirittura anche la dieta (“prima mangiavamo patate – affermava Ruocco - in mezzo a granturco, pane e fagioli”).
Il Molise oggi si trova ad affrontare un nuovo mutamento che questa volta non viene determinato da politiche di sviluppo industriale, tese a migliorare le condizioni di vita dei suoi abitanti e alla crescita di una maggiore occupazione. Dopo una stagnazione che dura ormai dalla fine degli anni ’80, tutte le politiche sin qui intraprese, a causa di forti e ripetute crisi internazionali, debolezza strutturale e, non ultima, incapacità, hanno predisposto un territorio che oggi, fortemente appesantito da un fardello debitorio e strutturale della sanità, oltre a non dare risposte lavorative future, è debole ed insidiato dal nuovo business del mercato dell’energia che ha trovato un territorio storicamente affamato di risorse, malgrado sulla regione con la programmazione europea e statale siano piovute abbondanti risorse economiche.
Tralasciando le storiche centrali idroelettriche disseminate lungo il Biferno ed il Trigno che, in altre realtà sarebbero divenute autentiche attrazioni turistiche quale simbolo dell’architettura preindustriale di questa regione e considerando il mancato sfruttamento turistico dei pur numerosi laghi artificiali che possediamo, il Molise soffre oggi un autentico arrembaggio delle società del settore che hanno bombardato l’intero territorio di pale eoliche, chiamate eufemisticamente “parchi” (sono oltre seicento quelle già installate e almeno duemila le concessioni tra eolico, fotovoltaico e biomasse che attendono le autorizzazioni). Come se non bastasse da qualche anno una centrale a turbogas svetta su Termoli e sui quaranta chilometri scarsi di costa molisana che affaccia sull’Adriatico. E’ in arrivo, inoltre, un altro parco eolico, questa volta “off shore”, ovvero in mare che sarà lungo otto chilometri, composto da 54 torri di ferro alte 74 metri, di fronte alle spiagge di Petacciato tra le 3 e le 5 miglia dai lidi di Termoli e Campomarino. Ovvero gli unici tre centri che sboccano sul mare e fondano la loro economia sul turismo e sull’agricoltura, oltre che sulla zona industriale nella quale, oltre alla Fiat, insistono da anni numerose aziende chimiche e plastiche. Se a tutto questo si aggiunge la paventata costruzione di una centrale atomica in quell’area, si può immaginare come il Molise, da solo, con i suoi trecentoventimila abitanti, nei prossimi quindici anni, a pieno regime, possa arrivare a produrre energia per almeno cinquanta volte il suo fabbisogno. Il dubbio che si pone riguarda la prossima mutazione genetica dei molisani: dall’aratro alla linea robotica della Fiat, il passo è stato breve e tutto sommato positivo.
Quale modello di sviluppo, invece, si cela dietro questa strategia messa in atto da almeno una decina di anni, ovvero con la liberalizzazione del mercato dell’energia? Quale meccanismo perverso ha fatto in modo che, con il libero e giusto accesso al settore energetico da parte dei privati, si siano potute vendere abbondanti porzioni di territorio, secondo il dibattito registrato in Consiglio Regionale, a decine di società da diecimila euro di capitale sociale, a fronte soltanto di una manciata di posti di lavoro e sostanziosi conti in banca? Perché a fronte di forti investimenti non c’è stata la creazione di vera e duratura occupazione e reddito per famiglie ed imprese, ma solo nudi profitti ed ulteriore impoverimento umano ed ambientale di un territorio? Come non cogliere le grida d’allarme delle organizzazioni agricole di categoria, mai così unite, sui rischi che il settore corre? Come non cogliere le dissociazioni e le dimissioni dell’assessore regionale all’energia, contrario alla nuova legge sull’energie rinnovabili nonché all’insediamento della centrale atomica? Il mondo cattolico stesso guidato dai vescovi di tutte le diocesi molisane ha posto precise domande al governatore Iorio. Martedì il Consiglio Regionale ha approvato all’unanimità una mozione con la quale impegna il presidente della Giunta Regionale ad aderire al ricorso alla Corte Costituzionale come già presentato da altre regioni. Basterà tutto questo? E se il ricorso verrà bocciato e Termoli sarà prescelta come area idonea alla costruzione dell’impianto, nonostante le dichiarazioni di garanzia fornite dal Governo, quali azioni toccheranno alla politica regionale? Con quale serenità oggi tutti gli esponenti politici regionali si congratuleranno ancora per quanto fatto in aula? Dov’è la vittoria? E quali azioni toccheranno a quanti sono contrari? Il Governo spedirà l’esercito anche nel Molise così come in Campania?
E’ tempo di riprogrammare il futuro di questo territorio e quello dei suoi cittadini; probabilmente questa classe politica deve responsabilmente indicare verso quale tipo di sviluppo vuole indirizzare questa regione, agendo conseguentemente.
L’opzione nucleare potrebbe addirittura essere una risorsa per questa regione, ma questo nuovo mutamento genetico che potrebbe investire i molisani del futuro, poiché modificherà nuovamente l’economia globale della regione, dovrà scaturire da una riflessione profonda e lunga perché ricca di argomenti controversi. Ci troviamo di fronte un possibile modello plausibile ma sicuramente non sostenibile per le evidenti caratteristiche ambientali e storiche del territorio che oggi ereditiamo. Ulteriori ritardi, in questo senso, non sono più giustificabili.

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