Nina Zilli è la nuova promessa su cui Universal ha deciso di puntare. Un talento puro, cristallino che con grande maestria riporta in auge la musica degli anni ‘60 con un suo stile unico e accattivante. Nina Zilli esce con un ep dal titolo omonimo contenente 6 brani, a cui ha aggiunto una cover storica ("You Can’t Hurry Love" delle Supremes, nella versione italiana – “L’amore verrà”) 50 mila il singolo di lancio, con Giuliano Palma è già una hit radiofonica dopo solo una settimana di programmazione.
Sono nata la notte e penso sia per questo che mi addormento quando gli altri si svegliano.
Sono bilingue inglese perché ho passato parte della mia infanzia in Irlanda. Una volta finite le superiori mi sono trasferita per 2 anni negli States, prima a Chicago e poi a New York.
Sono laureata, ma non esercito la professione per cui ho studiato.
Sono una pianista, al momento con un braccio rotto. Suono la chitarra e scrivo canzoni che poi arrangio come più mi piace. Ho studiato canto lirico in conservatorio, da soprano. L’opera non era molto nelle mie corde e quando mi chiesero di vestirmi da novizia per il saggio finale, decisi che forse era meglio smettere. Preferivo nettamente il rock’n’roll.
Ho iniziato ad esibirmi live a 13 anni, con un gruppo di rockettari della mia scuola, già ottimi musicisti.
Ho sempre ascoltato un sacco di musica, grazie ai miei amici maschi (questo glielo devo). Partendo dal punk, dal metal e dal rock anni 70, piano piano sono arrivata alla mia musica perfetta: quella degli anni 50’ e 60’. Americana (il primo soul della motown, l’r’n’b della stax, il surf, il rock’n’roll…), inglese (sia i Beatles che gli Stones, non ho mai capito perché si debba scegliere. Lo ska degli Specials, dei Selecter, dei Madness e compagnia bella. E i Clash. Rock’n’Roll all’anima di Joe Strummer.) jamaicana (rocksteady, ska original, reggae) e italiana (il beat magistralmente orchestrato da Morricone) dal rock’n’roll bianco di Celentano a Caterina Valente.
Ancora poppante, nel 1997 fondai i “The jerks” un gruppo garage beat con cui ho girato tutti i festival e i locali da beattaroli italiani per un paio d’anni. Memorabile intro orgasmico sul pezzo dei Tornadoes, “Bustin’ Surfboard”. Il pubblico era sempre in anticipo.
Ai “The Jerks” seguirono nel 2000 “Chiara&Gliscuri”, il nome del gruppo si rifà agli anni 60 italiani di Rita La Zanzara, ma rispetto a prima, le sonorità si spostano verso la Jamaica. Il rocksteady di Alton Ellis, Delroy Wilson e Phyllis Dillon sono stati i punti di riferimento più importanti.
Con Chiara&Gliscuri, nel 2001, è arrivato anche il primo contratto discografico, per Columbia, Sony Music. Nel frattempo ero già stata vj ad Mtv e co-conduttrice (e autrice di tutti i miei interventi e delle interviste) dell’ultima edizione del Roxy Bar di Red Ronnie, in onda su TMC2. La tv però, con tutto il divertimento e le esperienze che mi ha regalato, non era cosa per me. Ho sempre voluto cantare. Non volevo passare per la presentatrice che si regala il vezzo di provarci anche da cantante.
Dopo l’uscita del singolo “Tutti al mare” (maggio 2001) e numerosi concerti (quell’estate fummo supporter ai Meganoidi, durante il loro tour “Supereroi”), ho cantato davanti a Pippo a Roma, per le selezione di San Remo giovani, arrivando tra gli ultimi 20 ma non sul palco dell’Ariston. Ero comunque pronta ad affrontare il primo disco. Il momento era sbagliato purtoppo. Al cambio della direzione artistica di una major è seguito anche un cambio nella direzione artistica del mio album. Ho detto no. Troppo lontano da me. È comunque uscito un singolo, quasi senza che io lo sapessi, parolato da Morgan e di cui non ricordo neanche il titolo. O meglio, non voglio ricordare.
Soul, rocksteady/reggae e beat sono da sempre i miei amori più grandi ed è per questo che negli anni ho continuato a collaborare con band legate a questi generi, ultimi tra tutti gli Africa Unite, per i quali ho cantato “Bomboclaat Crazy” nell’ultimo disco “4 riddim 4 unity” e i Franziska, nei dischi e nei concerti in giro per Italia ed Europa.
Oggi scrivo quello che canto. E mi chiamo Nina Zilli.
Nessun commento:
Posta un commento